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domenica 30 giugno 2019

Padri, figli e, a volte, nipoti

Ciao giovani, oggi si conclude il weekend. In particolare, l'ultimo di giugno. Vi chiedo scusa per non aver potuto pubblicare l'intervista del venerdì, ma ho avuto problemi di salute. Non avevo nemmeno la forza per alzarmi dal letto e studiare per il prossimo esame...
Con questo post vorrei portare avanti qualche concetto sul decadimento radioattivo parlandovi di famiglie radioattive ed equilibrio secolare.

Buona lettura!

mercoledì 26 giugno 2019

Un po' di decadimenti radioattivi

Essendo un argomento molto in voga, credo possa essere interessante capire cosa accade a livello atomico durante quel temuto evento che prende il nome di decadimento radioattivo. Recentemente ho anche pubblicato un articolo - quello sulle scorie nucleari - in merito ai rifiuti speciali. Ma cosa succede in queste sostanze così temute?


Schema elementare di un atomo


domenica 23 giugno 2019

Grand Prismatic Spring

Oggi è la prima domenica dell'estate. Il caldo è devastante e, per essere sicuri che le temperature non scendano, andiamo a spiare quello che succede nello Yellowstone Park.
Come sapete, lì ha sede la sorgente calda più grande degli Stati Uniti, oltre ad essere la terza in dimensioni su tutto il globo. I suoi colori ricordano quelli dell'arcobaleno ed è il motivo per cui i geologi, negli anni Settanta, la definirono "prismatica".
Mi piacerebbe impostare questo articolo su alcune delle domande più frequenti che una persona inesperta sulla materia potrebbe porsi.

Grand Prismatic Lake


venerdì 21 giugno 2019

4. Gli appuntamenti del Venerdì: Federico


Ciao ragazzi. Eccoci con la quarta puntata della rubrica del venerdì. L’iniziativa sta proseguendo grazie al vostro entusiasmo. Oggi, con noi, ci sarà Federico. Anche a lui porremo dieci domande. Sarà lui stesso a parlarvi di sé, e di cosa lo ha avvicinato alle materie scientifiche che, ancora oggi, sono il perno attorno al quale ruota la sua vita!

Ø  Ciao Federico, di cosa ti occupi nella vita?
Ciao, ad oggi mi occupo principalmente di validazione di centraline per il settore automotive e anche di ricerca nel settore dell’Additive Manufacturing.

Ø  Da quanto tempo studi scienze?
Da 7 anni oramai.

Ø  Cosa ti appassiona di loro?
Il poter migliorare la vita propria e degli altri anche in modo radicale.

Ø  Segui notizie di attualità a tema scientifico?
Sì, certo, specie sul mio campo di studio, ovvero la lavorazione per tecniche additive, d’altronde è utile quando faccio review dei lavori di altri essere sempre aggiornato.

Ø  Perché ingegneria meccanica e non, ad esempio, ingegneria civile o elettronica?
Perché è a mio avviso quella più completa e che va a collaborare poi con tutti gli altri ambiti dell’ingegneria. Poi la mia parte prediletta è la produzione, quindi ad occuparsene è sempre un ingegnere meccanico.


Anteprima di quello che si fa durante un corso di disegno di macchine

Ø  Riviste scientifiche? Ce ne consigli qualcuna?
Ovviamente Additive Manufacturing Today e Rapid Prototyping Journal (per cui lavoro alle reviews di paper) per essere sempre aggiornati sul settore AM.

Ø  Hai progetti in programma o in corso?
Al momento non sto portando avanti alcun progetto, ma sto iniziando a pensare alcuni prodotti che proverò a proporre in azienda da me.

Ø  Cosa ti ha spinto ad accettare questa intervista e a renderti disponibile a risponderci pubblicamente?
Per il legame particolare che ho con Veronica e per far conoscere un po’ il mio mondo.

Ø  Sappiamo che hai una certa passione per la storia! Palacene un po’!
Beh, sì, sin da piccolo ho sempre adorato la storia dal 1700 in poi e ora che vivo nel Nord Italia mi dedico praticamente full time nei Week End alla rievocazione storica di epoca Napoleonica, Prima e Seconda Guerra Mondiale.

Prima Guerra Mondiale

Ø  Ultima domanda: hai consigli su come migliorare i contenuti di Spiccioli di Scienza? Ti piacerebbe pubblicare con noi qualcosa qualche volta?
Sinceramente sì, mi piacerebbe pubblicare qualcosa con Spiccioli di Scienza, spero ne avremo occasione a breve.

Federico è un ragazzo molto sveglio e nasconde davvero un gran potenziale. Siamo felici di poter ospitare qualche sua parola qui su Spiccioli di Scienza, sperando non siano le ultime che spenderà con noi e per noi! Grazie, Federico!

martedì 18 giugno 2019

Nucleare e ambiente: due parole che non vanno molto d'accordo

Come al solito, farò una breve introduzione al post. In questo caso, vorrei farlo spiegandovi cosa sono i rifiuti radioattivi.

Si definisce rifiuto radioattivo ogni materiale derivante dall'utilizzo pacifico dell'energia nucleare contenente isotopi radioattivi di cui non è previsto il riutilizzo. Lo scarto di combustibile nucleare esausto derivante dalla fissione nucleare nel nocciolo o nucleo del reattore nucleare a fissione rappresenta la forma più conosciuta di rifiuto radioattivo, oltre che una delle più difficili da gestire in virtù della sua lunga permanenza nell'ambiente; ma anche altre attività umane portano alla produzione di questo tipo di rifiuti (es. applicazioni mediche, di ricerca, industriali...).
Durante il funzionamento del reattore, gli atomi del "combustibile" vengono progressivamente scissi tramite il processo a catena di fissione nucleare: il materiale viene man mano trasformato in altri elementi e/o isotopi e in questo modo rilasciano energia termica. Questa viene "asportata" dal reattore e utilizzata da una macchina termica per azionare meccanicamente una turbina accoppiata ad un alternatore. È in questo modo che si produce elettricità nelle centrali elettronucleari.


I prodotti di scarto di questi procedimenti hanno un pauroso impatto ambientale.
Il nuovo inventario dei rifiuti radioattivi rende evidente l'urgenza di un unico deposito nazionale definitivo per i rifiuti ad attività bassa e media e di uno temporaneo per quelli ad alta attività
Recita Le Scienze, in uno dei suoi recenti articoli. Cosa significa?


venerdì 14 giugno 2019

3. Gli appuntamenti del Venerdì: Claudia


Benvenuti al terzo episodio della rubrica del venerdì, che ha lo scopo di dare voce a voi lettori! Il tema del giorno si distacca leggermente dai soliti trattati qui. Di solito tendiamo a parlare di qualcosa di inorganico. Quello che vogliamo far emergere oggi è l’effetto che fa a Claudia la musica. Anche a lei abbiamo posto dieci di domande. Di seguito, l’intera intervista. Buona lettura!

1. Ciao, Claudia! Come prima cosa, vorremmo che tu ci parlassi un po’ di te.

Mi chiamo Claudia e ho 27 anni. Sono calabrese e, nella vita, sono studentessa universitaria di ingegneria informatica, ma attualmente sto studiando per un concorso nell’Arma. La mia aspirazione è diventare poliziotta e lavorare nell’ambito informatico. Nel tempo libero amo suonare e lo strumento che preferisco è il pianoforte che suono da 23 anni. Dedico anche le mie giornate alla lettura e mi piace molto la botanica. Mi piace tutto ciò che è arte e mi affascina la chimica.

2. Leggi riviste scientifiche? Perché?

Ogni tanto leggo riviste scientifiche, perché mi piace sapere e conoscere quello che accade sia nel campo scientifico ambientale sia didattico.

3. Ti piace ascoltare musica? Hai dei generi preferiti?

Sì, ascolto molto la musica. Forse è l’unica cosa che faccio di più. Il mio genere preferito è il Rap, ma quando si tratta di comporre qualcosa al piano mi baso su artisti classici come Beethoven o Chopin, posso dire che ascolto vari generi musicali dipende dalla giornata. Passo da musica classica al rock improvvisamente!

Tasti di un pianoforte

4. Cosa stimola particolarmente la tua percezione uditiva? Melodie tendenzialmente tristi, allegre o altro?

Posso dire che ascolto molta musica triste perché rispecchia molto il mio stato d’animo.

5. In un recente studio condotto da Bevil Conway è stato dimostrato che per apprezzare la musica e comprendere il linguaggio parlato è necessaria una capacità spiccata di percepire l’altezza dei toni armonici ed è propria della corteccia umana. Sei informata in merito? Cosa ne pensi?

No, non sono informata in merito.

6. Forse stiamo toccando un tema a te caro, parlando della musica, e proprio per questo vorremmo sapere se, per te, è più importante un approccio scientifico o sentimentale al tema, o, perché no, entrambi. Raccontaci le tue esperienze!

Per me è importante un approccio sentimentale, mi faccio trasportare molto dalla musica e quando suono non penso a niente.


Fantasia con spartiti e strumenti musicali

7. Hai mai provato a suonare e/o cantare? Ti ha divertita?

Si mi piace suonare e cantare, ho pubblicato su Youtube la mia prima canzone ufficiale in francese. Il mio canale Youtube si chiama Nuvolibeats e quando riesco a produrre buona musica mi faccio conoscere online. Attualmente sto lavorando ad un progetto e fra qualche mese esce il mio primo video musicale.

8. Sei consapevole delle analogie tra il cervello di un macaco e il nostro? Secondo te, da che cosa dipendono?

Credo che il cervello di un macaco in alcune parti sia uguale a quello dell’uomo. Credo che il macaco sia molto intelligente: capiscono molto le scimmie quando siamo a contatto con loro. Credo che il cervello sia un mistero.

9. Dopo questa intervista, proverai ad informarti meglio sull’argomento trattato? Il nostro scopo è stimolare la curiosità di tutti i nostri lettori, te inclusa!

Sì, certo, volentieri!

10.        Ultima domanda: ti andrebbe in futuro di collaborare con noi? Hai qualche progetto che vuoi condividere con tutta la community? Fai un saluto a tutti!

Mi piacerebbe molto collaborare con voi! Ciaoooo!

Foto di un macaco
Ringraziamo Claudia per aver speso qualche minuto con noi. Si è dimostrata una ragazza molto altruista e fedele ai valori dell’amicizia. I due progetti che ha deciso di condividere sono di due ragazzi che si stanno impegnando per lasciare, chi in un modo, chi nell’altro, una traccia nella vita delle persone. Da loro dovremmo prendere esempio tutti quanti: dietro una grande iniziativa, affinché possa andare bene, deve esserci sempre una grande collaborazione – un po’ come la storia del grande pennello…
Pertanto, vi invito anche io a dare un’occhiata ai due nuovi talenti: Rossella e Mathias Rat Photography, e ovviamente anche al canale YouTube di Claudia!

Buona serata a tutti!

giovedì 13 giugno 2019

Proteine per la resistenza alla siccità

Buona giornata a tutti. Oggi vorrei commentare con voi un articolo di Le Scienze in cui mi sono imbattuta poco fa. Parla di una proteina che ha lo scopo di creare resistenza alla siccità nelle piante. Leggere questa cosa mi ha sorpresa molto perché potrebbe sul lungo termine cambiare letteralmente i metodi di coltivazione. Ultimamente sto studiando l'impatto dei metalli pesanti nelle aree agricole del Mediterraneo, ecco perché ho una propensione verso questi temi: non fateci caso!
Anche se ho problemi di deformazione professionale, trovo molto interessante questa faccenda della proteina scoperta e vorrei aiutare anche chi è meno dentro la materia a capire di che si tratta.

Foglie inspessite da un eccesso di anidride carbonica nell'aria

Lo scenario che ci si immagina prevede piante di riso e grano resistenti alla siccità regolando il flusso di ioni calcio nell'organello che si occupa della fotosintesi.

Vi butto giù subito le prime tre definizioni:

Lo ione è un atomo o un gruppo atomico dotato di carica elettrica, positiva o negativa a seconda che abbia perduto o acquistato uno o più elettroni rispetto alla configurazione di sistema elettricamente neutro. Il nome deriva dall’inglese ion, tratto dal greco ἰόν «andato», con allusione al movimento da un polo all’altro. Uno i. si indica con il simbolo chimico dell’atomo o del gruppo atomico, portante in alto a destra tanti + o − quanti sono gli elettroni perduti o acquistati o anche tali segni preceduti o seguiti dal numero indicante gli elettroni.

 Un organello è ogni struttura differenziata che si trovi negli organismi unicellulari o in una cellula, e che abbia una propria funzione.
(Prima di leggere questo articolo nemmeno io sapevo cosa fosse un organello!) 

La fotosintesi clorofilliana è il processo biochimico che sta alla base della sopravvivenza delle piante: mediante questo fenomeno infatti la luce solare viene catturata attraverso la clorofilla e trasformata in energia chimica, indispensabile per sintetizzare le molecole di glucosio e liberare ossigeno. Vediamo più nel dettaglio come funziona.
Adesso possiamo passare in (quasi) tutta tranquillità alla proteina di cui si parla su Le Scienze.

L’organello deputato alla fotosintesi si chiama cloroplasto ed è fondamentale non solo per la vita delle piante, ma ha anche il ruolo di sensore delle condizioni ambientali avverse.

Come il mitocondrio, anche il cloroplasto necessita di interloquire con il nucleo per concertare quelle risposte, fisiologiche o indotte, che permettono alle cellule e all’organismo intero di crescere e riprodursi. Questo processo si chiama “segnalazione retrograda”: l’organello segnala al nucleo che è avvenuta una variazione nelle condizioni esterne e così la cellula può regolare i geni che permettono un’adeguata risposta. Come il cloroplasto riesca a comunicare con il nucleo è ancora in gran parte ignoto.

Lo ione calcio (Ca2+) è noto per la sua funzione di messaggero intracellulare, non solo negli animali ma anche nelle piante. I cloroplasti contengono un'alta concentrazione di ione calcio, anche se per lo più in forma complessata e non libera. Si ritiene che i cloroplasti fungano da accumulatori dello ione calcio, che al momento appropriato viene rilasciato nel citoplasma. Tuttavia, le proteine canale responsabili di tali spostamenti rimangono a tutt’oggi sconosciute.
Non so quanti di voi sanno come sia fatta in linea generale una cellula, ma per comprendere questo paragrafo vi darò una rapida idea delle sue componenti.


Schema di una cellula

Come si può evincere dalla figura in alto, i mitocondri sono elementi che appartengono alla cellula, immersi nel citoplasma, proprio come di cloroplasti. Facciamo finta che i cloroplasti siano al posto dei mitocondri: stan no accumulando una certa quantità di ioni di calcio. Raggiunta una certa soglia, si svuotano nel citoplasma. Come questo avviene? Ancora non si sa.

I ricercatori hanno identificato una nuova proteina che appartiene alla famiglia MCU (uniporto di calcio del mitocondrio) e chiamata cMCU. Questa proteina di membrana funge da canale ionico che media il flusso di ioni calcio nel cloroplasto in vivo. Utilizzando tecniche di biochimica e biofisica, i gruppi delle prof.sse Ildikò Szabò e Laura Cendron (Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova) hanno caratterizzato le proprietà strutturali e la localizzazione intracellulare di questa proteina nella “pianta modello” Arabidopsis thaliana (pianta autunnale comunemente detta “arabetta”). Utilizzando dei saggi in vitro ed un modello batterico hanno dimostrato la capacità di cMCU di veicolare il trasporto dello ione calcio.
Quella che è stata scoperta è, dunque, una proteina a cui hanno dato il nome di cMCU. Il suo scopo è quello di controllare il flusso di ioni calcio all'interno dei cloroplasti (quelli che sostanzialmente prima abbiamo paragonato ad un vaso che, man mano che si riempie si inclina, finché l'angolo non è sufficiente a farla svuotare nel citoplasma). Le proprietà di questa proteina sono state testate su una pianta chiamata volgarmente arabetta e con dei saggi in vitro e un modello batterico hanno visto come la cMCU funge da trasportino degli ioni calcio.

Fiori di arabetta

I fiorellini in foto sicuramente li avete visti da qualche parte: sappiate che è stata usata questa pianta per l'esperimento.
Per chi non ha mai messo piede in un laboratorio biologico (quindi, per quelli come me!) può essere utile sapere cosa sia un saggio in vitro e un modello batterico.
La locuzione latina in vitro significa sotto vetro ed è usata per indicare fenomeni biologici riprodotti in provetta e non nell'organismo vivente.
In foto, invece, vi riporto un esempio di un modello batterico.

Modello batterico ad anse

Devo ammettere che vedere questo modello batterico mi ha fatto discretamente schifo, comunque andiamo avanti.

lunedì 10 giugno 2019

Spettrometria di tipo RAMAN

La spettrometria Raman è una tecnica di analisi dei materiali che si basa sulla capacità che ha la materia di vibrare quando è colpita da un’onda elettromagnetica monocromatica proveniente da una sorgente laser. È ampiamente utilizzata per studiare le proprietà vibrazionale sia dei solidi che dei liquidi e dei gas. Questa tecnica non è distruttiva e dà risposte in tempi brevi; può fornire informazioni sulla composizione molecolare, i legami, l’ambiente chimico e la struttura cristallina dei campioni in esame. Viene applicata nella gemmologia, allo studio dei depositi di minerali, nell’archeologia e nell’analisi di prodotti commerciali quali farmaceutici, polimeri e semiconduttori. Questa tecnica può essere utilizzata a qualsiasi gruppo minerale e si basa sull’identificazione dei picchi diagnostici a confronto con spettri di riferimento. Il Raman se è accoppiato al microscopio ha una risoluzione spaziale di quasi 1 micron. Le vibrazioni delle molecole dipendono dal tipo di legame che queste formano, più hanno legami forti più vibrano.



Le vibrazioni possono essere di due tipi:
- STRETCHING;
- BENDING.

Le vibrazioni di tipo Stretching sono dovute ad uno stiramento ritmico lungo l’asse di legame e l’angolo di legame resta costante; mentre quelle di tipo bending sono una sorte di piegamento dovute ad una variazione dell’angolo di legame e resta costante la distanza di legame.
In un esperimento di SCATTERING RAMAN il campione da analizzare viene colpito da una radiazione elettromagnetica che interagendo con gli elettroni delle molecole induce su di esse un dipolo elettrico oscillante responsabile del processo di diffusione della radiazione incidente. Analizzando la radiazione diffusa si possono distinguere componenti con diverse energie.
La componente Rayleigh che rappresenta la quasi totalità della radiazione diffusa, proviene da un processo di diffusione elastico che non comporta scambio di energia con il sistema ed ha la stessa energia della radiazione incidente. Le componenti Stokes che hanno energie minori e le componenti anti-Stokes che hanno energie maggiori rispetto alla radiazione incidente provengono da processi di diffusione anelastici.

Si possono scegliere sorgenti laser con emissioni che vanno da 1064 nm a 266nm. Le analisi Raman vengono eseguite con un microscopio ottico standard che utilizza una luce riflessa o trasmessa, accoppiata ad una sorgente laser e a un sistema ottico per mettere a fuoco il fascio incidente e un rivelatore per analizzare i fotoni sparsi. La risoluzione della dimensione del punto è di 1mm con l’obiettivo *100 e si possono quindi determinare i singoli cristalli fino a qualche micron di dimensione.


Un apparato Raman è costituito da un laser che viene puntato su un filtro-specchio che focalizza il laser sul nostro campione. Per vedere il campione si punta della luce e si osserva la luce riflessa attraverso una telecamera. Quindi sul campione arriverà la luce visibile ed il laser, alla fine il campione diffonde la luce che torna indietro e e attraverso il filtro notch viene eliminato lo scattering elastico, che è quello più intenso. La luce poi incide su uno specchio che la convoglia attraverso un diaframma confocale, ciò mi permette di vedere lo scattering stokes solamente della parte che sto mettendo a fuoco. La luce cosi filtrata va su un reticolo, un prisma che ci permette di separare le stokes in varie lunghezze d’onda e le invia ad una camera ccd che ne registra l’intensità e da cui poi si genera lo spettro. La differenza tra l’intensità dell’onda che entra e quella che esce genera nelle varie lunghezze d’onda dei picchi, il raman shift. Ogni picco è un segnale dovuto ad un determinato movimento di una molecola, siccome le molecole non vibrano allo stesso modo riusciamo a capire di che minerale si tratta. Si riesce anche a distinguere i polimorfi.

Apparato RAMAN

I laser nel range di 514-785nm sono meglio utilizzati per evitare problemi causati da effetti di fluorescenza. Le operazioni vengono gestite da un computer con un software appropriato per la memorizzazione e l’elaborazione dei dati. Gli strumenti moderni creano automaticamente particelle e si concentrano sul centro di ciascuno per raccogliere gli spettri Raman. Le mappe mineralogiche accurate su griglie prefabbricate e il conteggio automatico dei punti possono essere ottenute con funzione di imaging e uno stage motorizzato x-y. Sull’ascissa si ha il Raman shift, differenza tra la frequenza del fotone che entra rispetto alla frequenza del fotone che esce, se tale valore è pari a zero ci troviamo nella diffusione elastica e questo valore sta al centro dello scattering
Stokes e quello Anti-Stokes. Nel diagramma l’effetto elastico è quello più intenso, asta più alta, ed è quello che ci crea maggiore disturbo. Come si vede nel diagramma tipo del Raman le linee stokes sono più intense rispetto a quelle anti-stokes, quindi le vediamo meglio, ed è per questo che si utilizza l’effetto stokes e non quello anti-stokes. Altro motivo per cui si preferiscono le Stokes è che queste si verificano con una frequenza maggiore rispetto alle anti-stokes.

Quindi riassumendo quando un fascio di luce incide sul campione, una parte di essa uscirà in modo elastico, una parte più bassa uscirà con un’energia minore (maggiore frequenza) ed una parte con un’energia maggiore (minore frequenza). Quando la luce incide sulla materia può anche generarsi il fenomeno della fluorescenza, ovvero la materia emette a sua un’onda elettromagnetica a lunghezza d’onda maggiore quindi a più bassa frequenza.

sabato 8 giugno 2019

Errori sistematici nell’analisi per XRF

Come in ogni tipo di analisi, anche l'XRF presenta alcuni problemi, in particolare perché, come ogni raggio, anche i raggi x sono soggetti alle leggi di ottica e ai fenomeni di diffrazione, riflessione, rifrazione, e così via. In particolare, mi soffermerò sugli errori sistematici in cui spesso si incorre operando in questo modo.

Assorbimento - Come tutti i raggi, i raggi X vengono assorbiti nell’attraversare qualunque sostanza. L’assorbimento dipende dallo spessore del materiale attraversato, dalla sua densità e da un coefficiente, detto coefficiente di assorbimento che a sua volta dipende dall’elemento attraversato e dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente. Quanto detto finora vale per i raggi X primari che incidono sul campione e vengono assorbiti dagli atomi della sostanza i quali li “trasformano” in raggi X secondari. Anche questi ultimi, tuttavia, nel loro percorso attraverso il campione sono soggetti ad assorbimento da parte degli altri atomi della sostanza, per cui la loro intensità viene almeno in parte diminuita. Quello che succede, in pratica, è che la radiazione secondaria emessa da un atomo va a interagire con altri atomi della sostanza, provocando l’eccitazione degli elettroni. Se l’energia è sufficiente a ionizzare l’atomo di un altro elemento si produce un effetto di fluorescenza secondaria, con l’emissione delle righe caratteristiche del secondo atomo. L’interazione può avvenire tra atomi dello stesso elemento (auto- assorbimento): ad esempio la radiazione Kα di un elemento può interagire con un altro atomo dello stesso elemento e fornirgli un’energia sufficiente ad espellere un elettrone dallo strato L. Per quell’elemento si avrà una diminuzione dell’intensità della Kα (assorbita per fluorescenza secondaria) e un aumento dell’intensità delle righe L. La fluorescenza secondaria può anche interessare atomi di elementi diversi.
Le rocce sono sistemi composti da molti elementi che interagiscono fra di loro causando effetti di rinforzo e di assorbimento di maggiore o minore entità a seconda delle loro diverse concentrazioni. Tutto ciò naturalmente provoca degli errori nell’analisi che non dipendono dallo strumento o dall’accuratezza con cui l’analisi stessa è condotta. Si parla in genere di effetto matrice per indicare le interazioni di un elemento chimico con la matrice (cioè con gli altri elementi che compongono il
campione).
Per ridurre l’effetto matrice si può:

  • fare uso di standard;
  • fare le analisi su perle di vetro in cui il campione viene diluito con elementi troppo leggeri per essere visti dai raggi X;
  • impostare sistemi matematici di correzione.

Effetti granulometrici - Sono errori causati dal fatto che la superficie di analisi non è perfettamente piana, ma presenta una serie di irregolarità. Se la superficie di incidenza dei raggi X primari fosse piana, sia i raggi incidenti che i raggi di fluorescenza percorrerebbero tutti lo stesso tragitto; poiché l’assorbimento è anche funzione dello spessore attraversato, anch’esso sarebbe costante. Se invece la superficie è irregolare (ad esempio perché composta da granuli piuttosto grossolani) i raggi di fluorescenza compiono tragitti di lunghezza diversa e sono pertanto oggetti a un diverso assorbimento con effetti che non possono in nessun modo essere previsti. Questo fa sì che l’analisi manche di riproducibilità: ossia se l’analisi viene rifatta anche con lo stesso metodo si otterranno dati sempre diversi. Per ovviare a questo problema è quindi opportuno che la granulometria a cui viene ridotta la polvere nella preparazione della pasticca sia il più sottile possibile. In alternativa, anche in questo caso, un buon metodo è quello della preparazione delle perle di campione fuso.

Nella figura a i raggi incidono su una superficie piana, mentre nella b i raggi incidono su una superficie scabrosa. I raggi X secondari compiono tragitti diversi all’interno del campione e non prevedibili.

L’analisi su perle si esegue su campione diluito in un apposito fondente (generalmente in rapporto 1:10), poi portato a fusione e raffreddato. Le analisi su perle rispetto a quelle su pasticche hanno il vantaggio di ridurre gli effetti di matrice (il campione è più diluito, quindi le interazioni fra gli atomi che lo compongono sono minori) e quello di offrire una superficie perfettamente liscia e omogenea. C’è però anche uno svantaggio: la diluizione abbassa notevolmente la concentrazione degli elementi. Questo è un problema per gli elementi in tracce, già presenti in quantità molto modeste nella roccia. Per questo motivo l’ideale sarebbe quello di determinare gli elementi maggiori su perla e quelli in tracce su pasticca.

Diffrattometro per polveri - Un’altra tecnica analitica che utilizza i raggi X è la diffrattometria su polveri che consente di determinare i minerali contenuti in una roccia. È una tecnica analoga a quella dell’XRF che utilizza la legge di Bragg. Mentre per la fluorescenza a raggi X, la distanza
reticolare era nota, in questa tecnica la “d” risulta essere l’incognita. I raggi X utilizzati in questo caso devono essere monocromatici, ossia con una specifica λ. Per ottenere raggi monocromatici all’uscita del tubo raggi X deve essere posto un filtro che elimina tutte le λ tranne quella di interesse. Generalmente, viene utilizzato un filtro di Ni, che elimina tutte le Kβ lasciando solo le Kα (raggio monocromatico).

Schema di un diffrattometro per polveri

Ma come funziona lo spettrometro per polveri? Di seguito, i passaggi in breve.

  • Il raggio monocromatico viene fatto passare attraverso un collimatore di ingresso (finestra di Söller). Questo concentra i raggi sul campione;
  • Il campione viene fatto ruotare e l’angolo di rotazione viene costantemente misurato da un goniometro;
  • I raggi X incidenti sul campione vengono diffratti e inviati al rivelatore;
  • Il rivelatore ruota insieme al campione ma con velocità doppia, in modo da ricevere solo i raggi riflessi secondo la legge di Bragg.


I raggi X incidenti sul campione vengono riflessi in base alla distanza reticolare del campione. La polverizzazione del campione fa sì che i raggi X primari investano statisticamente tutti i possibili fasci di piani reticolari dei minerali e per ogni minerale, quindi, si otterranno più picchi, uno per ogni famiglia di piani reticolari.

L’analisi diffrattometrica è particolarmente utile nei casi in cui i minerali sono troppo piccoli per essere identificati al microscopio per esempio, i minerali argillosi.


venerdì 7 giugno 2019

2. Gli appuntamenti del Venerdì: Domenico


Un altro venerdì sera accompagnato dalle parole di un nostro lettore: Domenico! Anche a lui porremo dieci domande, fatte su misura per lui in relazione agli eventi che stanno accadendo nel mondo in questo periodo!

1.  Ciao, Domenico! Parlaci di te!

Ciao! È difficile "parlarvi di me" e temo sarebbe noioso leggere ciò che ne risulterebbe, ma a farla breve sono un ragazzo di quasi 29 anni e sto per prendere la laurea magistrale in Scienze Politiche, dopodiché non ho idea di dove mi porterà la vita, e per fare cosa!

2.  Di cosa ti occupi nella vita? Hai a che fare spesso con qualcosa che sia definibile scientifico?

Curiosamente, ho frequentato il liceo scientifico sperimentale (con Fisica già fin dal primo anno) e andavo abbastanza bene in matematica e fisica, ma una volta terminato il liceo non ho avuto più a che fare con queste materie perciò ormai sono 10 anni che non le tocco e non ricorderei nulla se mi capitasse adesso!

3.  Hai mai messo piede in un laboratorio di chimica o di sismologia o di qualsiasi altra cosa?

Mai!

4.  Ti piace guardare serie tv? Conosci The Big Bang Theory?

Guardo moltissime serie tv e considero The Big Bang Theory una delle migliori in assoluto, ma dopo le prime 5/6 stagioni l'ho seguita con sempre meno attenzione fino ad abbandonarla del tutto.

5.  "Il 73 è il 21° dei numeri primi. Il suo speculare, il 37, è il 12°, e il suo speculare, il 21, è il prodotto - e qui vi consiglio di reggervi forte - di 7 per 3" Questo è quello che ha affermato Sheldon Cooper, uno dei protagonisti della serie. Che effetto ti fa leggere questa affermazione?

Mi hanno sempre affascinato i numeri infinitamente grandi e infinitamente piccoli, e come l'uomo sia "nel mezzo", ma è più una riflessione filosofica. Gli incastri particolari fra cifre non mi interessano particolarmente. 

Sheldon Cooper, personaggio di The Big Bang Theory

6.  Da questa faccenda è uscito fuori il numero primo di Sheldon; sai qualcosa a riguardo?

Nulla, lo ammetto.

7.  Ti senti motivato a capirci qualcosa di più dopo queste domande?
   
Sì, giusto per avere un'idea di cosa si stia parlando!

8.  L’articolo che è stato scritto su questa storia è comparso in un episodio della serie andato in onda quest’anno nel mese di aprile: andrai a cercarlo?

     Sì, giusto per avere un'idea di cosa si stia parlando!


9.  La smettiamo di torturarti con numeri primi e serie tv! Ti è piaciuto rispondere a queste domande? Lo rifaresti in futuro?

Sì, mi è piaciuto e spero che chi leggerà le mie risposte non si annoi troppo!

10. Ti va di condividere con i nostri lettori un tuo progetto, una tua pagina o quello che ti pare, anche non pertinente con la materia trattata in questo blog? E collaborare con noi qualche volta? Lasciaci un saluto!

Sto preparando la tesi riguardo il disinteresse crescente verso la politica, a questo proposito ci sentiamo tra un paio di mesi, sarà il mio turno di porre qualche domanda ai lettori, se avranno tempo e voglia di rispondere!

They were threatened by my intelligence and too stupid to know that’s why they hated me.”
(Sheldon Cooper)

 

The Big Bang Theory è una serie televisiva esilarante che ha debuttato nel 2007 ed è ancora in esecuzione. Ha vinto diversi premi dal suo inizio. Jim Parsons, che interpreta il testardo e incredibilmente intelligente Sheldon Cooper, ha anche vinto numerosi premi nel corso degli anni.


Sheldon Cooper, personaggio di The Big Bang Theory

Il personaggio Sheldon Cooper è noto per i suoi commenti off-the-wall e citazioni esilaranti.

 

A venerdì con il prossimo episodio della rubrica del venerdì!