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giovedì 3 settembre 2020

Controllo dei movimenti superficiali (Parte 2)

Questo articolo è la seconda parte dello spazio dedicato al controllo dei movimenti superficiali. I metodi di seguito descritti saranno solo due, tuttavia sono, a mio avviso, i più complessi. Il primo di cui vorrei parlarvi è quello che prevede l'impiego del GPS. GPS è un acronimo che sta per Global Position System. Si basa su una costellazione di ventiquattro satelliti orbitanti attorno al nostro pianeta. Attraverso la posizione di questi satelliti, mobili lungo le loro orbite, si può determinare la posizione di un punto in qualunque parte della superficie terrestre. È molto utile per lo studio delle tendenze del movimento di un fenomeno franoso. Grazie al GPS è possibile monitorare aree estese; nonostante ciò, i tempi di acquisizione sono molto lunghi e in presenza di ostacoli (basta pensare ad una copertura boschiva molto fitta) non sempre si riescono ad acquisire informazioni esatte. Il metodo impiegato per l'acquisizione è molto simile a quello geodetico-topografico: i capisaldi sono rappresentati dai satelliti mentre i prismi dalle antenne posizionate sui dispositivi riceventi.


gps trilateration
https://gisgeography.com/trilateration-triangulation-gps/

Il secondo e ultimo metodo che vorrei esporvi è quello interferometrico. Anch'esso consente il monitoraggio della frana o di un versante da remoto, installando il sistema in un sito posto a decine o centinaia di metri di distanza dall'oggetto in esame. Non necessita l'installazione di sensori o riflettori sul corpo in frana. Può essere effettuato sia via satellite sia con un sistema radar terrestre. Fornisce informazioni sul movimento di tutta l'area investita dal fascio proveniente dallo strumento e consente di monitorare aree di dimensioni elevate con l'impiego di un singolo strumento. Il Radar ad Apertura Sintetica (SAR) è uno strumento montato a bordo di aerei o satelliti o a terra che emette radiazioni elettromagnetiche e registra la potenza del segnale riflesso dalla superficie incidente, calcolando anche il tempo intercorso tra l'emissione e il ritorno del segnale. La differenza di fase tra due acquisizioni SAR della stessa scena è sensibile alla topografia dell'area osservata. Questo permette all'interferometria SAR di trovare applicazione anche nella generazione di modelli digitali di elevazione del terreno (DEM). La fase interferometrica è composta da due contributi:
  1. Topografia dell'area osservata;
  2. Eventuale deformazione del terreno avvenuta nell'intervallo di tempo trascorso tra le due acquisizioni.
Sottraendo la componente topografica, si ricava la componente dovuta allo spostamento.

Illustrazione del principio base dell'interferometria SAR, i dati numerici si riferiscono al radar ASAR installato a bordo del satellite ENVISAT.
https://www.researchgate.net/figure/Figura-2-10-Illustrazione-del-principio-base-dellinterferometria-SAR-i-dati-numerici_fig5_263239483

mercoledì 2 settembre 2020

Controllo dei movimenti superficiali (Parte 1)

 I controlli dei movimenti superficiali servono a:

  • definire la forma e il grado di estensione dell'area soggetta a frana;
  • definire il cinematismo del dissesto;
  • seguire l'evoluzione dei movimenti nel tempo;
  • correlare i movimenti alle possibili cause.
Per fare questo tipo di controlli esistono diverse metodologie. Una può essere il metodo topografico-geodetico. Esso si basa su una rete di misure. Si posizionano dei prismi sul corpo di frana e delle stazioni di misura, chiamate capisaldi, nell'area circostante. I capisaldi emettono dei raggi laser verso i prismi. Il tempo impiegato a rifletterli consente di valutare le distanze tra i capisaldi e i prismi e gli angoli di incidenza. Con questi è possibile realizzare delle mappe contenenti dei vettori indicatori dello spostamento, della direzione del movimento e, mediante i segni più o meno, consente l'individuazione di aree soggette a sollevamento o abbassamento.

https://sites.google.com/site/cfddpproject/geodetica

Per il monitoraggio dell'apertura di una fessura di piccole dimensioni si utilizzano gli estensimetri. Vengono posizionati a cavallo della fessura. Tra questi viene posto un elemento rigido chiamato trasduttore. Il trasduttore ha il solo scopo di valutare il tasso di spostamento perpendicolare alla fessura, quindi non danno indicazioni sulla direzione del movimento. La centralina dello strumento registra in remoto e può essere soggetta agli agenti atmosferici. L'estensimetro è un particolare tipo di sensore utilizzato per rilevare le deformazioni fisiche di un corpo sottoposto a sollecitazioni meccaniche ed è in grado di convertire un segnale corrispondente alla deformazione lineare in un segnale elettrico, acustico, ottico. Misura gli spostamenti relativi tra due punti generici di una superficie di un corpo sottoposto a carichi statici o dinamici. La direzione della misura è data dalla congiungente dei due punti alle estremità dell'estensimetro. La distanza tra quei due punti è comunemente denominata base.


http://static.gest.unipd.it/~marinoq/CM/estensimetria.pdf

Per poter monitorare fenomeni di scala maggiore si utilizzano i distometri, strumenti molto simili agli estensimetri costituiti da due ancoraggi meccanici installati alle estremità opposte della discontinuità e collegati tra loro per mezzo di un filo o di un nastro inestensibile.


http://www.camilab.unical.it/documents/31627/72149/1.Strumenti+per+il+monitoraggio+in+orbita+geotecnico.pdf/15a0bc81-630c-4408-a586-e259a75d2747?version=1.0

Altri strumenti impiegati sono le spie, in gergo vetrini, o i fessurimetri. Questi vengono solidarizzati alle strutture tramite resine o cemento e hanno lo stesso principio di funzionamento di un estensimetro. Se vi è attività, i vetrini arrivano a rottura, ma non danno informazioni sull'entità dello spostamento.

Esistono anche altri metodi di monitoraggio dei movimenti superficiali, tuttavia per non appesantire la trattazione, ne parlerò nell'articolo successivo.