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domenica 26 maggio 2019

Matita copiativa

Oggi, in occasione delle Elezioni Europee, parleremo di uno dei dubbi che devastano il cervello umano: perché il voto si esprime mediante una matita?

Intanto vediamo cosa è:

La matita utilizzata per votare si chiama matita copiativa. La sua mina non è composta solo da grafite come le matite da disegno, bensì anche da composti chimici che ne rendono il tratto indelebile. Vi dirò di più: per cancellarla, bisogna ricorrere a metodi abrasivi (ossia sfregamento con un altro materiale che, incidendo il segno, lo asportano, per cui si ha una evidente usura del foglio).
Al suo interno la mina ha dei coloranti derivati dall'anilina e dei pigmenti solubili in acqua. L'anilina è un'ammina primaria la cui struttura è quella di un benzene, in cui un atomo di idrogeno è stato sostituito da un gruppo NH2. A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore quando è molto pura. Data la facilità con cui si ossida all'aria, l'anilina tende col tempo a scurirsi fino ad annerire.
Infine, nonostante sia ben chiaro il motivo per cui vengono usate matite copiative, ci sono anche aspetti più pratici del loro impiego su documenti pubblici e schede di voto.



Come è fatta?

Il tratto di matita copiativa svela ogni tentativo di cancellazione tramite solvente, lasciando evidenti macchie sulla carta, essendo quindi immune da una manomissione altrimenti difficile da smascherare. Se si cancella il tratto di una matita copiativa utilizzando una gomma per cancellare, viene rimossa solo la componente in grafite del segno, lasciando visibili i pigmenti. Secondo Focus,


Sono particolarmente adatte per votare perché il loro tratto non è cancellabile. Quindi non è possibile compiere brogli alterando le schede già votate.

Inoltre, essendo le matite uguali per tutti, non è possibile identificare l’elettore dal tratto che compare sulla scheda, garantendo anche così la segretezza del voto.
In effetti oggi si potrebbero usare anche altri mezzi di scrittura, come le penne biro con inchiostro indelebile, ma queste si sono diffuse solo a partire dagli anni Sessanta, mentre la tradizione della matita è più antica, e rimane la preferita dal ministero degli Interni.

Non serve a niente bagnare la punta con la lingua, a meno che non vogliate raccogliere eventuali virus e batteri presenti sulle matite. 

venerdì 24 maggio 2019

1. Gli appuntamenti del Venerdì: Mattia


Ciao ragazzi. L’articolo di oggi è un po’ diverso dagli altri: si tratta di una intervista. La nostra “vittima” risponderà a dieci domande. Sarà lei stessa a parlarvi di sé, e di cosa la ha avvicinata alle materie scientifiche che, ancora oggi, studia appassionatamente! Si chiama Mattia ed è uno dei nostri lettori più accaniti.

Ø  Ciao Mattia, di cosa ti occupi nella vita?
Ciao, Veronica! Sono uno studente che, se tutto va bene, entro settembre sarà laureato in scienze naturali. Se invece la domanda è rivolta più ad altre attività che faccio o a ciò che farò in futuro, posso risponderti che cerco di fare un po’ di divulgazione anche se sono alle prime armi con una pagina seguita da 630 persone circa, diciamo un buon allenamento se voglio buttarmi nella professione di divulgatore scientifico (oltre alla carriera accademica).

Ø  Da quanto tempo le materie scientifiche sono oggetto dei tuoi studi?
Se inteso come corso di studi, sono 5 anni che studio in quanto ho frequentato prima scienze geologiche per poi passare a scienze naturali, che sono due buoni percorsi per arrivare a fare il paleontologo. Ho scelto la seconda via per motivi di formazione. Se inteso anche come studio non universitario, i miei primi ricordi in assoluto sono rivolti verso i dinosauri. Dall’età di due anni ho incominciato a giocarci, a tre anni incominciavo a classificarli in base al bacino (saurischi ed ornitischi) ed ho letto a quell’età La straordinaria storia della vita, uno dei libri più belli di Piero e Alberto Angela, oltre a guardare già i loro documentari. Quindi, dopo tutto quello che ho scritto, posso tranquillamente dirti che studio scienze da quando ho memoria.

Ø  Cosa ti appassiona di loro?
Amo i dinosauri perché sono animali straordinari dove basta un piccolo nuovo ritrovamento per far diventare obsolete le vecchie ricerche. Pensiamo che i dinosauri siano solo quelle bestie giganti alla Jurassic Park, eppure è così variegato questo mondo che non esistono libri a sufficienza per parlarne per bene. Fino a qualche tempo fa nessuno pensava ad animali a vita acquatica come Spinosaurus Aegyptiacus o al fatto che stiano trovando tantissime piume e penne, a testimonianza del fatto che molti dinosauri erano adornati, un po’ come gli uccelli moderni, che sono i loro parenti più prossimi, con piumaggi. Siamo passati da animali visti come grossi e stupidi lucertoloni ad animali complicati dal punto di vista sociale e morfologico, e questo non fa che meravigliarmi ogni giorno. A tal proposito consiglio la lettura “Ascesa e caduta dei dinosauri” del famoso paleontologo Steve Brusatte che vi sconvolgerà. Purtroppo per loro, forse, mi dedicherò in futuro allo studio dei mammiferi ed alla loro evoluzione, perché anche loro hanno tante sorprese in serbo.

Ø  Segui notizie di attualità a tema scientifico?
Si, ogni giorno. Oltre al mio campo di studi, leggo e mi informo sempre sulle ultime notizie scientifiche perché la scienza ha tanti rami, rami che spesso puoi anche collegare tra di loro. Una cosa che mi ha letteralmente sconvolto ed emozionato è stato vedere l’immagine del primo buco nero, a solo un anno di distanza dalla morte di Stephen Hawking. Ultimamente, anche se lo faccio da tempo, seguo e cerco di vedere le varie opzioni che ci sono dal punto tecnologico per ridurre i consumi, per ridurre l’inquinamento e tutto ciò che riguarda la salvaguardia del nostro pianeta. Clima e biodiversità dovrebbero essere i temi più trattati.

Ø  Perché scienze naturali e non, ad esempio, biologia o scienze geologiche?
È il dubbio che ho avuto all’inizio dell’iscrizione all’università perché voglio diventare un paleontologo dei vertebrati. Purtroppo per quanto riguarda questa affascinante disciplina non c’è un percorso ben specifico e le strade da prendere sono due di solito: scienze geologiche o scienze naturali. Ho scelto di proseguire con scienze naturali perché avevo la necessità di capire tanto dal punto di vista biologico e perché, tra l’altro, è la biologia (paleobiologia) che ti porta ad un buono studio di quella che era la vita del passato ma, senza, geologia, non capisci in quale strato si trova il fossile, la sua fauna e la sua paleoecologia. Ultimamente, grazie al mio professore, mi sto appassionando anche molto alla paleobiogeografia che fa capire come un animale ci sia finito lì, dove è stato scoperto, e tutto questo cambia anche la geografia in generale ed anche il contesto geologico. Con tutti i ritrovamenti di dinosauri in Italia, ormai, siamo riusciti a capire che non era sommersa ma era ricca di isolotti dove questi animali si spostavano, migravano. Insomma, un percorso come scienze naturali mi dava le basi sia biologiche sia geologiche per affrontare questo percorso. Ma le frontiere della paleontologia sono ormai tante, si fanno studi anche con il DNA dove è possibile e questa è una rivoluzione in quanto si riesce a capire anche come erano fatti internamente certi animali (di certo non possiamo farlo con i dinosauri perché troppo antichi, ma delle ultime faune durante le glaciazioni, per esempio), e questi studi e tecniche sconvolgono anche l’evoluzione umana. Fino a 20 anni fa si pensava che i nostri cugini Neanderthal fossero solo una nostra brutta copia, ora si sa che si accoppiavano con i Sapiens ed una parte del loro genoma è conservato dentro di noi, per scoprire anche altre popolazioni del genere Homo che si accoppiavano con noi, cosa impossibile da fare con solo lo studio dei fossili. Vorrei solo che gli aspiranti paleontologi che leggono questo post non si facciano influenzare: scegliete voi la strada migliore per voi in base alle vostre preferenze, costruitevi il vostro futuro e non fatevi influenzare.

Ø  Riviste scientifiche? Ce ne consigli qualcuna?
Assolutamente National Geographic, ma c’è anche Ligabue Magazine che da anni fa ottima divulgazione con spedizioni che partono tutte dall’Italia.

Ø  Hai progetti a tema scientifico in programma o in corso?
La mia pagina Appesi ad un phylum, che saluto. Scherzi a parte, ho in mente tanti progetti ed il primo a cui tengo di più è l’evoluzione, il perno di questo progetto. L’evoluzione è molto criticata, ancora non è accettata completamente e si cerca di infangarla senza nessuna buona ragione. Nei vari complottismi degli ultimi decenni, l’evoluzione viene sempre schernita nonostante sia una teoria scientifica valida ed un dato di fatto. L’evoluzione è cambiamento e non miglioramento, non funziona come una scala dove c’è un punto di arrivo ma sono tanti processi, casuali, che ti portano ad avere le caratteristiche che hai oggi. Ancora è difficile parlare di mutazioni perché la gente cerca ancora di andare contro Darwin, quando in fin dei conti lui ha solo gettato le basi per l’evoluzione e lui, come affermava, non riusciva a capire la trasmissione dei caratteri, infatti la genetica è arrivata decenni dopo con Mendel. Per non parlare dell’evoluzione umana, lì ne ho viste di tutti i colori. Il mio progetto è di far capire questa materia tanto ostica quanto meravigliosa, in quanto noi siamo frutto di questo meccanismo e per questo consiglio anche libri divulgativi scritti dal grande biologo evoluzionista e paleontologo S.J. Gould.

Ø  Cosa ti ha spinto ad accettare questa intervista e a renderti disponibile a risponderci pubblicamente?
Il fatto che ami le interviste e che mi piace confrontarmi e partecipare ad eventi stimolanti come questo.

Ø  Sappiamo che hai pubblicato un ebook, HOMO NEANDERTHALENSIS: COSÌ SIMILE A NOI. Cosa ti ha indotto a scriverlo? Parlacene un po’!
Diciamo che è la continuazione del progetto citato prima, e soprattutto perché l’evoluzione umana viene vista come la cosa più brutta che possa esistere alla pari della peste nera quasi, dove la gente ha in mente solo concetti databili al ‘900 come nel discorso fatto prima da Darwin. Si prende quel concetto e lo si trasforma in realtà, una verità che non è tale. Mi piace far capire che la scienza non è verità, ma diciamo una continua ricerca della realtà che non potremo mai assaggiare completamente perché le teorie scientifiche sono modelli che simulano la realtà, e dove altre teorie scientifiche (altri modelli supportati da dati, esperimenti, ecc…) possono soppiantare quelle vecchie e magari assorbire molti concetti nella nuova versione. È stato così con la moderna evoluzione portata avanti da Gould. La scienza è in continuo cambiamento, ed è per questo che i miei professori di paleontologia dei vertebrati, di antropologia fisica e paleoantropologia ogni anno devono modificare le slide per i loro corsi per via delle varie scoperte che sconvolgono e fanno riscrivere da capo concetti che magari non avevano subito cambiamenti da anni, magari facendo cambiare totalmente strada. NEANDERTHALENSIS: COSÌ SIMILE A NOI nasce dal fatto che il nostro caro cugino è davvero così simile a noi, sia fisicamente, sia culturalmente che biologicamente: aveva un grande intelletto e poteva pensare in modo astratto, come scoperto in molte grotte in Spagna. Si adornava con piume ed ossa, si coloravano con l’ocra come scoperto nelle nostre grotte di Fumane oltre ad avere certe caratteristiche morfologiche che soppiantavano quelle del Sapiens. Un bel miscuglio di caratteristiche che permettevano una resistenza al freddo ed ai ghiacci delle ultime glaciazioni a differenza del longilineo Sapiens che si trovava in svantaggio su tutti i fronti, come anche nella caccia. Avete i capelli biondi? Avete i capelli lisci e gli occhi chiari? Avete la pelle chiara? Sono tante le caratteristiche trasmesse dal nostro cugino grazie ad accoppiamenti avvenuti nel medio oriente, e che senza questi geni (di cui alcuni persi), forse non saremmo qui. Viviamo in mezzo a scoperte fantastiche che riguardano noi, e purtroppo la scienza viene vista come un qualcosa di pericoloso. Ultimamente sto scrivendo sul concetto di razza, sul perché non esiste all’interno della popolazione umana dal punto di vista biologico. Purtroppo la strada è dura.

Ø  Ultima domanda: hai consigli su come migliorare i contenuti di Spiccioli di Scienza? Ti piacerebbe pubblicare con noi qualcosa qualche volta?
Da migliorare nulla, anzi. Apprezzo tanto il lavoro di Veronica perché scrivere non è facile, e quando ciò che leggi è piacevole, potresti anche scrivere la lista della spesa e leggerla senza annoiarti. Sono aperto a future collaborazioni, ed anche la mia pagina è aperta in qualsiasi momento a Spiccioli di Scienza.

Mattia è un ragazzo molto intraprendente, dalle mille passioni. Autore di HOMO NEANDERTHALENSIS: COSÌ SIMILE A NOI, gestisce su Facebook la pagina Appesi ad un phylum. Anche questa, come il suo autore, è degna di nota e consigliamo a tutti voi di seguirla e di leggere i contenuti che ogni giorno Mattia pubblica e che, ovviamente, sono di vostro interesse!

mercoledì 22 maggio 2019

Porosità per tutti

Un lettore del blog mi ha segnalato alcune difficoltà che ha riscontrato nel leggere l'articolo sulla porosità. Purtroppo devo ammettere che ho usato dei termini un po' tecnici che chiaramente destabilizzano chi, come lui, non è avvezzo a materie scientifiche. Per questo mi sono posta l'obiettivo di scrivere un articolo sulla porosità, simile al precedente, ma dando spazio più alla divulgazione che alla scienza. Cercherò, con termini semplici, di spiegare quello che volevo dire prima utilizzando formule, immagini e parole difficili! Buona lettura!

Ogni oggetto, anche quello che appare più compatto, è in realtà poroso. Proprio come una spugna, una parte del suo volume è occupato da piccole cavità. Queste sono dovute o a gas intrappolato, o a fessure dovute a ritiro (come l'argilla che, esposta al sole o cotta, a volte si crepa), o a spazi intergranulari, ossia spazi dovuti alla disposizione puramente geometrica delle particelle che compongono il dato oggetto. Queste cavità costituiscono quello che si chiama volume dei vuoti e in gergo viene abbreviato con Vv. Rapportandolo al volume totale (V) occupato dall'oggetto in studio, otteniamo un numerino che si chiama porosità.
La porosità totale è la somma della porosità aperta e quella chiusa. Cosa vuol dire? Esistono due definizioni che danno un senso a questa semplice addizione. Quando parliamo di porosità in generale, intendiamo tutto lo spazio vuoto presente in un oggetto. La porosità aperta, invece, tiene conto solo dei pori in comunicazione tra loro, cioè indica quella parte di "buchi" che possono contenere fluidi, tipo acqua, che siano in grado di muoversi sotto l'effetto della forza di gravità all'interno dei fori stessi (un po' come se fossero delle gallerie che vanno sempre verso il basso), mentre la porosità chiusa possiamo immaginarla come una bolla all'interno dell'oggetto che non comunica con nessun poro.
La porosità ha dei nomi diversi anche in base alla sua origine: può essere, quindi, primaria o secondaria, a seconda che i vuoti presenti si siano originati contemporaneamente all'oggetto che li contiene (i forellini di una spugna), oppure successivamente (le crepe di un'argilla che viene cotta) a causa di fessurazioni, fratturazioni, processi chimici, processi meccanici, escursioni termiche.
Infine, esiste anche la porosità interparticellare, che si ha tra le particelle dell'oggetto e quella intraparticellare, esistente all’interno dei corpi delle particelle.
Secondo la suddivisione IUPAC, i pori si classificano in base alle loro dimensioni in:
- macropori: più grandi di 50 nm;
- mesopori: di ampiezza compresa tra 2 e 50 nm;
- micropori: più piccoli di 2 nm.

Questo è quanto. Non mi dilungo sulle tecniche per calcolare la porosità perché entrerei nello specifico caso di rocce e suoli, e questo sarebbe poco comprensibile per chi non usa spesso formule,  strumenti di misura, tecniche analitiche e laboratori, ma sono sempre aperta ad aggiungere qualcosa se richiesto. Spero di essere stata meno criptica per chi si avvicina per la prima volta a questo mondo.
Buona serata!

domenica 19 maggio 2019

Espulsione di massa coronale del Sole e aurora boreale

Da oggi il blog prende una piega diversa. Dopo qualche nozione matematico-fisica, vorrei orientarlo su discussioni di temi attuali in quanto anche la scienza, come le altre materie esistenti al mondo, è con noi ogni giorno e si cela dietro eventi che spesso diamo per scontati.

Un’espulsione di massa coronale ha centrato la Terra la sera del 24 marzo, ma non ha dato vita a una tempesta geomagnetica poiché troppo debole. Il fenomeno è legato alla proiezione di plasma e radiazione elettromagnetica dall’atmosfera del Sole verso il nostro pianeta, e può dar vita a problemi radio e satellitari, oltre che ad aurore polari insolitamente affascinanti.
Questo è quanto recita un articolo di scienze.fanpage.it. Ma cosa significa tutto ciò?
Partiamo dal vedere, come al solito, qualche definizione. Una espulsione di massa coronale è una espulsione di materiale dalla corona solare, osservata con un coronografo in luce bianca. Il materiale espulso, sotto forma di plasma è costituito principalmente da elettroni e protoni, viene trascinato dal campo magnetico della corona.
Fortunatamente, il plasma sprigionato non è stato sufficiente a causare una tempesta geomagnetica che, effettivamente, avrebbe altrimenti causato danni enormi.

Come recita Focus:
Tutto inizierà con una fantastica aurora boreale. Ma sarà l’ultimo momento di gioia prima di anni di sofferenze. Potrebbe succedere un giorno qualunque. Ma quasi sicuramente in un anno in cui il ciclo un decennale dell’attività solare è al massimo. Poco dopo l’apparizione dell’aurora, le luci di casa cominceranno a tremolare, la tv farà fatica a sintonizzarsi. Qualcuno farà in tempo a controllare online l’arrivo di una violenta tempesta magnetica. Poi tutto si spegnerà. E sarà il black out totale.
Risultati immagini per aurora boreale
Aurora boreale che non tutti sanno cosa sia, nonostante il tempo che si passa a guardarne foto o a programmare viaggi per vederla dal vivo. Il colore dell’aurora boreale dipende da quali ioni sono presenti. Le aurore polari si creano quando le particelle cariche di vento solare entrano in contatto con la ionosfera terrestre. L’atmosfera del nostro pianeta è composta per lo più di ossigeno e azoto, ma alle altitudini in cui le aurore si verificano (a partire da 100 km di quota) l’ossigeno è il gas prevalente. Quando gli atomi di gas sono investiti dalle particelle cariche di vento solare, acquistano energia, che poi cedono, rilasciando fotoni di diverse lunghezze d’onda. Gli atomi di ossigeno emettono luce verde e talvolta rossa; quelli di azoto, bagliori di colore rosso intenso, blu e viola.
La Terra non è l’unico osservatorio ideale di tale fenomeno. Le sonde Voyager 1 e 2 l’hanno fotografato anche ai poli di Giove, Saturno, Urano e Nettuno; dopo di loro, anche Hubble ha iniziato una lunga serie di avvistamenti (qui vediamo potenti aurore ai raggi X osservate ai poli di Giove). Le aurore extraterrestri sono spesso molto spettacolari per via dell’intensità dei campi magnetici dei rispettivi pianeti. Quella di Urano ha caratteristiche uniche, perché il pianeta ruota inclinato di lato, ma il suo campo magnetico è pressoché verticale. Nel caso di Urano, le aurore polari somigliano più a puntini di luce, che ad anelli.
Sono visibili anche lontano dai poli. Le particelle cariche di vento solare scivolano lungo le linee del campo magnetico terrestre, che si comporta come uno scudo, schermando il nostro pianeta dalle radiazioni dannose. Poiché le linee di campo convergono in prossimità dei poli (anche se non esattamente in corrispondenza dei poli geografici), in questi punti – 60°-70° di latitudine – le aurore si verificano con particolare frequenza. In caso di intensa attività solare, si possono osservare anche a latitudini inferiori, come a quelle scozzesi, ma anche a Londra e Pechino. Per vederle, però, occorre trovarsi in un luogo al riparo dall’inquinamento luminoso, una circostanza assai rara, per un’area metropolitana.

Dal punto di vista fisico il fenomeno che “accende” le aurore è del tutto analogo a quello che fa funzionare le lampade al neon, dove gli elettroni eccitano gli atomi di un gas rarefatto rendendolo incandescente, il tutto a basse temperature (rispetto a quanto avviene, per esempio, con una lampada a incandescenza).
Le aurore sono in genere molto tenui, e alcune lunghezze d’onda, come quella del rosso, sono al limite della percezione dell’occhio umano. Le fotocamere sono spesso più sensibili, specie se sfruttate in foto a lunga esposizione, lontane da fonti di luce interferenti.
Si può prevedere l’intensità dell’attività magnetica solare, e si conoscono con buona approssimazione le aree solitamente più soggette al fenomeno. Ma è impossibile sapere in anticipo quale direzione assumeranno le espulsioni di massa coronale solare, gli eventi che più frequentemente danno origine alle aurore, finché queste non si verificano. Questo rende l’appuntamento con le aurore polari una fortunata combinazione di eventi, una circostanza mai scontata e, per questo, ancora più magica.

Alle 22:52 di domenica 24 marzo la Terra è stata investita da un’espulsione di massa coronale (CME), ma il plasma sprigionato dalla nostra stella non ha innescato una tempesta geomagnetica poiché troppo debole. Nonostante al momento non siano stati registrati problemi, effetti geomagnetici di ridotta intensità potrebbero verificarsi durante la giornata del 25 marzo, mentre il nostro pianeta attraversa il flusso di particelle ad alta energia “sparato” dal Sole. Fra essi vi sono anche spettacolari aurore boreali. Blackout alle comunicazioni radio e disturbi ai sistemi satellitari sono ancora possibili in particolar modo al Polo Nord, dunque sono stati avvisati tutti i piloti che si troveranno a volare nell’area in queste ore.
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Ciao ragazzi.
Spero di non esservi mancata eccessivamente. In questo periodo non ho potuto scrivere perché sono stata molto impegnata con l’università. Non so se in qualche articolo ve l’ho accennato, ma sono una studentessa prossima al conseguimento della laurea. Spero di finire questo percorso entro dicembre. Mi manca solo un esame e la tesi è in via di sviluppo.
Comunque, dal prossimo articolo riprendiamo regolarmente con un po’ di cose. Probabilmente cambierò materia. Tutto ciò fatto fino ad ora ci è servito per introdurre le nozioni basilari per comprendere le equazioni che regolano la fisica che si fa a scuola.
Quindi, vi consiglio vivamente di rileggere tutto quello che ho pubblicato fino ad ora per essere sicuri di non avere lacune in merito. Se necessario, comunque, potete contare sulla mia presenza.
Ultima cosa che voglio mettere in risalto con questo articolo è la grafica del blog. Come avete potuto notare, è cambiata. Adesso abbiamo quella graziosissima ampolla blu con il nome del blog sottoposto. Tutto ciò è stato creato da questa bravissima illustratrice: Gabs. Non mi dilungo molto nelle presentazioni perché non sono il mio campo, tuttavia vi consiglio vivamente di fare un salto nella sua pagina Instagram e dare uno sguardo a tutte le sue creazioni.
Buona serata a tutti voi che mi leggete!