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mercoledì 22 maggio 2019

Porosità per tutti

Un lettore del blog mi ha segnalato alcune difficoltà che ha riscontrato nel leggere l'articolo sulla porosità. Purtroppo devo ammettere che ho usato dei termini un po' tecnici che chiaramente destabilizzano chi, come lui, non è avvezzo a materie scientifiche. Per questo mi sono posta l'obiettivo di scrivere un articolo sulla porosità, simile al precedente, ma dando spazio più alla divulgazione che alla scienza. Cercherò, con termini semplici, di spiegare quello che volevo dire prima utilizzando formule, immagini e parole difficili! Buona lettura!

Ogni oggetto, anche quello che appare più compatto, è in realtà poroso. Proprio come una spugna, una parte del suo volume è occupato da piccole cavità. Queste sono dovute o a gas intrappolato, o a fessure dovute a ritiro (come l'argilla che, esposta al sole o cotta, a volte si crepa), o a spazi intergranulari, ossia spazi dovuti alla disposizione puramente geometrica delle particelle che compongono il dato oggetto. Queste cavità costituiscono quello che si chiama volume dei vuoti e in gergo viene abbreviato con Vv. Rapportandolo al volume totale (V) occupato dall'oggetto in studio, otteniamo un numerino che si chiama porosità.
La porosità totale è la somma della porosità aperta e quella chiusa. Cosa vuol dire? Esistono due definizioni che danno un senso a questa semplice addizione. Quando parliamo di porosità in generale, intendiamo tutto lo spazio vuoto presente in un oggetto. La porosità aperta, invece, tiene conto solo dei pori in comunicazione tra loro, cioè indica quella parte di "buchi" che possono contenere fluidi, tipo acqua, che siano in grado di muoversi sotto l'effetto della forza di gravità all'interno dei fori stessi (un po' come se fossero delle gallerie che vanno sempre verso il basso), mentre la porosità chiusa possiamo immaginarla come una bolla all'interno dell'oggetto che non comunica con nessun poro.
La porosità ha dei nomi diversi anche in base alla sua origine: può essere, quindi, primaria o secondaria, a seconda che i vuoti presenti si siano originati contemporaneamente all'oggetto che li contiene (i forellini di una spugna), oppure successivamente (le crepe di un'argilla che viene cotta) a causa di fessurazioni, fratturazioni, processi chimici, processi meccanici, escursioni termiche.
Infine, esiste anche la porosità interparticellare, che si ha tra le particelle dell'oggetto e quella intraparticellare, esistente all’interno dei corpi delle particelle.
Secondo la suddivisione IUPAC, i pori si classificano in base alle loro dimensioni in:
- macropori: più grandi di 50 nm;
- mesopori: di ampiezza compresa tra 2 e 50 nm;
- micropori: più piccoli di 2 nm.

Questo è quanto. Non mi dilungo sulle tecniche per calcolare la porosità perché entrerei nello specifico caso di rocce e suoli, e questo sarebbe poco comprensibile per chi non usa spesso formule,  strumenti di misura, tecniche analitiche e laboratori, ma sono sempre aperta ad aggiungere qualcosa se richiesto. Spero di essere stata meno criptica per chi si avvicina per la prima volta a questo mondo.
Buona serata!

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