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lunedì 7 settembre 2020

Controllo dei movimenti profondi (Parte 2)

 Dopo la breve introduzione sul controllo dei movimenti profondi, vediamo brevemente come funziona un sistema inclinometrico. Per poter installare un inclinometro bisogna effettuare una perforazione, come quella che può essere destinata ad un carotaggio. Un sistema inclinometrico si compone di un tubo in alluminio o PVC, cementato all'interno del foro, da una sonda e da uno strumento registratore. La logica che vi è dietro prevede la misurazione della deviazione rispetto alla verticale del tubo inserito precedentemente calando la sonda in corrispondenza di una scanalatura. Le sonde moderne consentono la misura delle deflessioni angolari del tubo in due direzioni ortogonali tra loro. Fondamentale è che il tubo inclinometrico sia installato ad una profondità maggiore di quella della superficie di rottura.


IMG1-AIS-Focus-01-31lug2015-evidenza
http://www.irpi.cnr.it/focus/ais/

La sonda viene calata fino in profondità e si procede con un certo passo di campionamento generalmente di un metro. La prima lettura, quando la sonda tocca il fondo, sarà quella di taratura, definita misura zero. Questa misura è completamente indipendente dall'inclinazione iniziale del tubo. Le misure successive si faranno secondo determinati intervalli di tempo. Queste daranno indicazioni sull'entità dello spostamento e sulla componente orizzontale della direzione del movimento. Lo spostamento in testa, o totale, si calcola come gli spostamenti risultanti dopo ogni misura, dati dal cateto minore appartenente al triangolo rettangolo descritto ogni volta che viene effettuata una misura. I risultati ottenuti sono diagrammabili e i grafici che si ottengono sono correlabili ai valori di RQD: in questo modo si evince che generalmente quando l'ammasso è integro, ossia quando i valori di RQD sono elevati, non si osservano spostamenti sui grafici delle prove inclinometriche.

lunedì 9 dicembre 2019

Equazioni di primo grado

Ciao ragazzi,
oggi sono costretta a riprendere un post molto vecchio, che risale all'anno di creazione del blog. Quando cambiai piattaforma, mi limitai a spostare i post dall'una all'altra senza badare a che fine potessero fare le immagini in alcuni di essi. Ecco, nel post sulle equazioni di primo e secondo grado, dopo qualche mese, mi si sono corrotte le immagini e, non sapendo come sistemare il problema, ho pensato di riscrivere da capo entrambi gli articoli.

Ecco, innanzitutto, le definizioni che ci servono per parlare di equazione di primo grado:

  • Si definisce espressione un insieme di numeri e lettere collegati da operazioni da eseguire su di essi. Le lettere che compaiono in un’espressione possono avere due diversi significati: possono essere costanti (generalmente indicate con le prime lettere dell’alfabeto: a,b,c,…), o variabili (ed indicate con le ultime lettere dell’alfabeto: x,y,z).
  • Si definisce identità l’uguaglianza tra due espressioni verificata per qualunque valore assegnato alle variabili in esse contenute e per cui le espressioni hanno significato.
  • Si definisce equazione una uguaglianza tra due espressioni verificata solo per particolari valori (detti soluzioni) assegnati alle variabili (incognite) in essa contenute.
Un esempio di equazione può essere il seguente:

4x + 2 = 3

Come si 'risolve'?

4x + 2 costituisce il primo membro dell’equazione, mentre 3 è il secondo membro. Ma cosa ci facciamo con questi membri? Lo scopo è trovare quel valore di x che renda i due membri uguali. Quel valore di x è quello che nella definizione abbiamo chiamato soluzione. Quindi, la domanda da porci è: per quale valore di x4x + 2 è uguale a 3?
Il metodo di risoluzione è molto semplice. E’ sufficiente isolare la x portando tutti i termini privi della varabile in un membro e lasciando quelli con la variabile nell’altro. Nel nostro caso quindi agiremo così:

4x + 2 = 3
4x = 3 - 2
x = (3-2)/4 = 1/4

Nel risolvere l’equazione, vorrei farvi notare prima di ogni cosa che, quando ho portato il 2 al secondo membro, ho cambiato il suo segno. Questo vale per ogni termine di una equazione: quando si sposta da un membro all’altro un termine di una equazione, va moltiplicato per -1, che all’atto pratico significa semplicemente cambiargli il segno.
Inoltre, ho diviso il secondo membro per 4. In realtà, non ho diviso il secondo membro per 4, ma entrambi i membri (infatti, se ci fate caso, è sparito il coefficiente del termine con la variabile x). Questo è stato l’ultimo passaggio necessario ad esplicitare (ossia a rendere 1) il coefficiente di x.
Il risultato ottenuto non è altro che la soluzione della nostra equazione, infatti sostituendo la soluzione ad vedremo come sarà verificata l’identità dei due membri.

Per x = 1/4
4*1/4 + 2 = 3
1 + 2 = 3
3 = 3

Ecco. Ho messo la soluzione al posto di x ed effettivamente è successo quello che mi aspettavo: i due membri sono uguali!
Questo è tutto ciò che c’è da dire su una equazione di primo grado. Se vi trovate davanti più termini con x, è sufficiente sommarli algebricamente come abbiamo visto anche per i polinomi che avevano la stessa parte letterale. Mi raccomando, non dimenticate di controllare il grado, altrimenti rischiate di sommare i coefficienti di una parte letterale di primo grado con qualche coefficiente di parti letterali di secondo o terzo, e questo sarebbe un gravissimo errore.

domenica 30 giugno 2019

Padri, figli e, a volte, nipoti

Ciao giovani, oggi si conclude il weekend. In particolare, l'ultimo di giugno. Vi chiedo scusa per non aver potuto pubblicare l'intervista del venerdì, ma ho avuto problemi di salute. Non avevo nemmeno la forza per alzarmi dal letto e studiare per il prossimo esame...
Con questo post vorrei portare avanti qualche concetto sul decadimento radioattivo parlandovi di famiglie radioattive ed equilibrio secolare.

Buona lettura!

venerdì 21 giugno 2019

4. Gli appuntamenti del Venerdì: Federico


Ciao ragazzi. Eccoci con la quarta puntata della rubrica del venerdì. L’iniziativa sta proseguendo grazie al vostro entusiasmo. Oggi, con noi, ci sarà Federico. Anche a lui porremo dieci domande. Sarà lui stesso a parlarvi di sé, e di cosa lo ha avvicinato alle materie scientifiche che, ancora oggi, sono il perno attorno al quale ruota la sua vita!

Ø  Ciao Federico, di cosa ti occupi nella vita?
Ciao, ad oggi mi occupo principalmente di validazione di centraline per il settore automotive e anche di ricerca nel settore dell’Additive Manufacturing.

Ø  Da quanto tempo studi scienze?
Da 7 anni oramai.

Ø  Cosa ti appassiona di loro?
Il poter migliorare la vita propria e degli altri anche in modo radicale.

Ø  Segui notizie di attualità a tema scientifico?
Sì, certo, specie sul mio campo di studio, ovvero la lavorazione per tecniche additive, d’altronde è utile quando faccio review dei lavori di altri essere sempre aggiornato.

Ø  Perché ingegneria meccanica e non, ad esempio, ingegneria civile o elettronica?
Perché è a mio avviso quella più completa e che va a collaborare poi con tutti gli altri ambiti dell’ingegneria. Poi la mia parte prediletta è la produzione, quindi ad occuparsene è sempre un ingegnere meccanico.


Anteprima di quello che si fa durante un corso di disegno di macchine

Ø  Riviste scientifiche? Ce ne consigli qualcuna?
Ovviamente Additive Manufacturing Today e Rapid Prototyping Journal (per cui lavoro alle reviews di paper) per essere sempre aggiornati sul settore AM.

Ø  Hai progetti in programma o in corso?
Al momento non sto portando avanti alcun progetto, ma sto iniziando a pensare alcuni prodotti che proverò a proporre in azienda da me.

Ø  Cosa ti ha spinto ad accettare questa intervista e a renderti disponibile a risponderci pubblicamente?
Per il legame particolare che ho con Veronica e per far conoscere un po’ il mio mondo.

Ø  Sappiamo che hai una certa passione per la storia! Palacene un po’!
Beh, sì, sin da piccolo ho sempre adorato la storia dal 1700 in poi e ora che vivo nel Nord Italia mi dedico praticamente full time nei Week End alla rievocazione storica di epoca Napoleonica, Prima e Seconda Guerra Mondiale.

Prima Guerra Mondiale

Ø  Ultima domanda: hai consigli su come migliorare i contenuti di Spiccioli di Scienza? Ti piacerebbe pubblicare con noi qualcosa qualche volta?
Sinceramente sì, mi piacerebbe pubblicare qualcosa con Spiccioli di Scienza, spero ne avremo occasione a breve.

Federico è un ragazzo molto sveglio e nasconde davvero un gran potenziale. Siamo felici di poter ospitare qualche sua parola qui su Spiccioli di Scienza, sperando non siano le ultime che spenderà con noi e per noi! Grazie, Federico!

venerdì 14 giugno 2019

3. Gli appuntamenti del Venerdì: Claudia


Benvenuti al terzo episodio della rubrica del venerdì, che ha lo scopo di dare voce a voi lettori! Il tema del giorno si distacca leggermente dai soliti trattati qui. Di solito tendiamo a parlare di qualcosa di inorganico. Quello che vogliamo far emergere oggi è l’effetto che fa a Claudia la musica. Anche a lei abbiamo posto dieci di domande. Di seguito, l’intera intervista. Buona lettura!

1. Ciao, Claudia! Come prima cosa, vorremmo che tu ci parlassi un po’ di te.

Mi chiamo Claudia e ho 27 anni. Sono calabrese e, nella vita, sono studentessa universitaria di ingegneria informatica, ma attualmente sto studiando per un concorso nell’Arma. La mia aspirazione è diventare poliziotta e lavorare nell’ambito informatico. Nel tempo libero amo suonare e lo strumento che preferisco è il pianoforte che suono da 23 anni. Dedico anche le mie giornate alla lettura e mi piace molto la botanica. Mi piace tutto ciò che è arte e mi affascina la chimica.

2. Leggi riviste scientifiche? Perché?

Ogni tanto leggo riviste scientifiche, perché mi piace sapere e conoscere quello che accade sia nel campo scientifico ambientale sia didattico.

3. Ti piace ascoltare musica? Hai dei generi preferiti?

Sì, ascolto molto la musica. Forse è l’unica cosa che faccio di più. Il mio genere preferito è il Rap, ma quando si tratta di comporre qualcosa al piano mi baso su artisti classici come Beethoven o Chopin, posso dire che ascolto vari generi musicali dipende dalla giornata. Passo da musica classica al rock improvvisamente!

Tasti di un pianoforte

4. Cosa stimola particolarmente la tua percezione uditiva? Melodie tendenzialmente tristi, allegre o altro?

Posso dire che ascolto molta musica triste perché rispecchia molto il mio stato d’animo.

5. In un recente studio condotto da Bevil Conway è stato dimostrato che per apprezzare la musica e comprendere il linguaggio parlato è necessaria una capacità spiccata di percepire l’altezza dei toni armonici ed è propria della corteccia umana. Sei informata in merito? Cosa ne pensi?

No, non sono informata in merito.

6. Forse stiamo toccando un tema a te caro, parlando della musica, e proprio per questo vorremmo sapere se, per te, è più importante un approccio scientifico o sentimentale al tema, o, perché no, entrambi. Raccontaci le tue esperienze!

Per me è importante un approccio sentimentale, mi faccio trasportare molto dalla musica e quando suono non penso a niente.


Fantasia con spartiti e strumenti musicali

7. Hai mai provato a suonare e/o cantare? Ti ha divertita?

Si mi piace suonare e cantare, ho pubblicato su Youtube la mia prima canzone ufficiale in francese. Il mio canale Youtube si chiama Nuvolibeats e quando riesco a produrre buona musica mi faccio conoscere online. Attualmente sto lavorando ad un progetto e fra qualche mese esce il mio primo video musicale.

8. Sei consapevole delle analogie tra il cervello di un macaco e il nostro? Secondo te, da che cosa dipendono?

Credo che il cervello di un macaco in alcune parti sia uguale a quello dell’uomo. Credo che il macaco sia molto intelligente: capiscono molto le scimmie quando siamo a contatto con loro. Credo che il cervello sia un mistero.

9. Dopo questa intervista, proverai ad informarti meglio sull’argomento trattato? Il nostro scopo è stimolare la curiosità di tutti i nostri lettori, te inclusa!

Sì, certo, volentieri!

10.        Ultima domanda: ti andrebbe in futuro di collaborare con noi? Hai qualche progetto che vuoi condividere con tutta la community? Fai un saluto a tutti!

Mi piacerebbe molto collaborare con voi! Ciaoooo!

Foto di un macaco
Ringraziamo Claudia per aver speso qualche minuto con noi. Si è dimostrata una ragazza molto altruista e fedele ai valori dell’amicizia. I due progetti che ha deciso di condividere sono di due ragazzi che si stanno impegnando per lasciare, chi in un modo, chi nell’altro, una traccia nella vita delle persone. Da loro dovremmo prendere esempio tutti quanti: dietro una grande iniziativa, affinché possa andare bene, deve esserci sempre una grande collaborazione – un po’ come la storia del grande pennello…
Pertanto, vi invito anche io a dare un’occhiata ai due nuovi talenti: Rossella e Mathias Rat Photography, e ovviamente anche al canale YouTube di Claudia!

Buona serata a tutti!

sabato 8 giugno 2019

Errori sistematici nell’analisi per XRF

Come in ogni tipo di analisi, anche l'XRF presenta alcuni problemi, in particolare perché, come ogni raggio, anche i raggi x sono soggetti alle leggi di ottica e ai fenomeni di diffrazione, riflessione, rifrazione, e così via. In particolare, mi soffermerò sugli errori sistematici in cui spesso si incorre operando in questo modo.

Assorbimento - Come tutti i raggi, i raggi X vengono assorbiti nell’attraversare qualunque sostanza. L’assorbimento dipende dallo spessore del materiale attraversato, dalla sua densità e da un coefficiente, detto coefficiente di assorbimento che a sua volta dipende dall’elemento attraversato e dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente. Quanto detto finora vale per i raggi X primari che incidono sul campione e vengono assorbiti dagli atomi della sostanza i quali li “trasformano” in raggi X secondari. Anche questi ultimi, tuttavia, nel loro percorso attraverso il campione sono soggetti ad assorbimento da parte degli altri atomi della sostanza, per cui la loro intensità viene almeno in parte diminuita. Quello che succede, in pratica, è che la radiazione secondaria emessa da un atomo va a interagire con altri atomi della sostanza, provocando l’eccitazione degli elettroni. Se l’energia è sufficiente a ionizzare l’atomo di un altro elemento si produce un effetto di fluorescenza secondaria, con l’emissione delle righe caratteristiche del secondo atomo. L’interazione può avvenire tra atomi dello stesso elemento (auto- assorbimento): ad esempio la radiazione Kα di un elemento può interagire con un altro atomo dello stesso elemento e fornirgli un’energia sufficiente ad espellere un elettrone dallo strato L. Per quell’elemento si avrà una diminuzione dell’intensità della Kα (assorbita per fluorescenza secondaria) e un aumento dell’intensità delle righe L. La fluorescenza secondaria può anche interessare atomi di elementi diversi.
Le rocce sono sistemi composti da molti elementi che interagiscono fra di loro causando effetti di rinforzo e di assorbimento di maggiore o minore entità a seconda delle loro diverse concentrazioni. Tutto ciò naturalmente provoca degli errori nell’analisi che non dipendono dallo strumento o dall’accuratezza con cui l’analisi stessa è condotta. Si parla in genere di effetto matrice per indicare le interazioni di un elemento chimico con la matrice (cioè con gli altri elementi che compongono il
campione).
Per ridurre l’effetto matrice si può:

  • fare uso di standard;
  • fare le analisi su perle di vetro in cui il campione viene diluito con elementi troppo leggeri per essere visti dai raggi X;
  • impostare sistemi matematici di correzione.

Effetti granulometrici - Sono errori causati dal fatto che la superficie di analisi non è perfettamente piana, ma presenta una serie di irregolarità. Se la superficie di incidenza dei raggi X primari fosse piana, sia i raggi incidenti che i raggi di fluorescenza percorrerebbero tutti lo stesso tragitto; poiché l’assorbimento è anche funzione dello spessore attraversato, anch’esso sarebbe costante. Se invece la superficie è irregolare (ad esempio perché composta da granuli piuttosto grossolani) i raggi di fluorescenza compiono tragitti di lunghezza diversa e sono pertanto oggetti a un diverso assorbimento con effetti che non possono in nessun modo essere previsti. Questo fa sì che l’analisi manche di riproducibilità: ossia se l’analisi viene rifatta anche con lo stesso metodo si otterranno dati sempre diversi. Per ovviare a questo problema è quindi opportuno che la granulometria a cui viene ridotta la polvere nella preparazione della pasticca sia il più sottile possibile. In alternativa, anche in questo caso, un buon metodo è quello della preparazione delle perle di campione fuso.

Nella figura a i raggi incidono su una superficie piana, mentre nella b i raggi incidono su una superficie scabrosa. I raggi X secondari compiono tragitti diversi all’interno del campione e non prevedibili.

L’analisi su perle si esegue su campione diluito in un apposito fondente (generalmente in rapporto 1:10), poi portato a fusione e raffreddato. Le analisi su perle rispetto a quelle su pasticche hanno il vantaggio di ridurre gli effetti di matrice (il campione è più diluito, quindi le interazioni fra gli atomi che lo compongono sono minori) e quello di offrire una superficie perfettamente liscia e omogenea. C’è però anche uno svantaggio: la diluizione abbassa notevolmente la concentrazione degli elementi. Questo è un problema per gli elementi in tracce, già presenti in quantità molto modeste nella roccia. Per questo motivo l’ideale sarebbe quello di determinare gli elementi maggiori su perla e quelli in tracce su pasticca.

Diffrattometro per polveri - Un’altra tecnica analitica che utilizza i raggi X è la diffrattometria su polveri che consente di determinare i minerali contenuti in una roccia. È una tecnica analoga a quella dell’XRF che utilizza la legge di Bragg. Mentre per la fluorescenza a raggi X, la distanza
reticolare era nota, in questa tecnica la “d” risulta essere l’incognita. I raggi X utilizzati in questo caso devono essere monocromatici, ossia con una specifica λ. Per ottenere raggi monocromatici all’uscita del tubo raggi X deve essere posto un filtro che elimina tutte le λ tranne quella di interesse. Generalmente, viene utilizzato un filtro di Ni, che elimina tutte le Kβ lasciando solo le Kα (raggio monocromatico).

Schema di un diffrattometro per polveri

Ma come funziona lo spettrometro per polveri? Di seguito, i passaggi in breve.

  • Il raggio monocromatico viene fatto passare attraverso un collimatore di ingresso (finestra di Söller). Questo concentra i raggi sul campione;
  • Il campione viene fatto ruotare e l’angolo di rotazione viene costantemente misurato da un goniometro;
  • I raggi X incidenti sul campione vengono diffratti e inviati al rivelatore;
  • Il rivelatore ruota insieme al campione ma con velocità doppia, in modo da ricevere solo i raggi riflessi secondo la legge di Bragg.


I raggi X incidenti sul campione vengono riflessi in base alla distanza reticolare del campione. La polverizzazione del campione fa sì che i raggi X primari investano statisticamente tutti i possibili fasci di piani reticolari dei minerali e per ogni minerale, quindi, si otterranno più picchi, uno per ogni famiglia di piani reticolari.

L’analisi diffrattometrica è particolarmente utile nei casi in cui i minerali sono troppo piccoli per essere identificati al microscopio per esempio, i minerali argillosi.


venerdì 7 giugno 2019

2. Gli appuntamenti del Venerdì: Domenico


Un altro venerdì sera accompagnato dalle parole di un nostro lettore: Domenico! Anche a lui porremo dieci domande, fatte su misura per lui in relazione agli eventi che stanno accadendo nel mondo in questo periodo!

1.  Ciao, Domenico! Parlaci di te!

Ciao! È difficile "parlarvi di me" e temo sarebbe noioso leggere ciò che ne risulterebbe, ma a farla breve sono un ragazzo di quasi 29 anni e sto per prendere la laurea magistrale in Scienze Politiche, dopodiché non ho idea di dove mi porterà la vita, e per fare cosa!

2.  Di cosa ti occupi nella vita? Hai a che fare spesso con qualcosa che sia definibile scientifico?

Curiosamente, ho frequentato il liceo scientifico sperimentale (con Fisica già fin dal primo anno) e andavo abbastanza bene in matematica e fisica, ma una volta terminato il liceo non ho avuto più a che fare con queste materie perciò ormai sono 10 anni che non le tocco e non ricorderei nulla se mi capitasse adesso!

3.  Hai mai messo piede in un laboratorio di chimica o di sismologia o di qualsiasi altra cosa?

Mai!

4.  Ti piace guardare serie tv? Conosci The Big Bang Theory?

Guardo moltissime serie tv e considero The Big Bang Theory una delle migliori in assoluto, ma dopo le prime 5/6 stagioni l'ho seguita con sempre meno attenzione fino ad abbandonarla del tutto.

5.  "Il 73 è il 21° dei numeri primi. Il suo speculare, il 37, è il 12°, e il suo speculare, il 21, è il prodotto - e qui vi consiglio di reggervi forte - di 7 per 3" Questo è quello che ha affermato Sheldon Cooper, uno dei protagonisti della serie. Che effetto ti fa leggere questa affermazione?

Mi hanno sempre affascinato i numeri infinitamente grandi e infinitamente piccoli, e come l'uomo sia "nel mezzo", ma è più una riflessione filosofica. Gli incastri particolari fra cifre non mi interessano particolarmente. 

Sheldon Cooper, personaggio di The Big Bang Theory

6.  Da questa faccenda è uscito fuori il numero primo di Sheldon; sai qualcosa a riguardo?

Nulla, lo ammetto.

7.  Ti senti motivato a capirci qualcosa di più dopo queste domande?
   
Sì, giusto per avere un'idea di cosa si stia parlando!

8.  L’articolo che è stato scritto su questa storia è comparso in un episodio della serie andato in onda quest’anno nel mese di aprile: andrai a cercarlo?

     Sì, giusto per avere un'idea di cosa si stia parlando!


9.  La smettiamo di torturarti con numeri primi e serie tv! Ti è piaciuto rispondere a queste domande? Lo rifaresti in futuro?

Sì, mi è piaciuto e spero che chi leggerà le mie risposte non si annoi troppo!

10. Ti va di condividere con i nostri lettori un tuo progetto, una tua pagina o quello che ti pare, anche non pertinente con la materia trattata in questo blog? E collaborare con noi qualche volta? Lasciaci un saluto!

Sto preparando la tesi riguardo il disinteresse crescente verso la politica, a questo proposito ci sentiamo tra un paio di mesi, sarà il mio turno di porre qualche domanda ai lettori, se avranno tempo e voglia di rispondere!

They were threatened by my intelligence and too stupid to know that’s why they hated me.”
(Sheldon Cooper)

 

The Big Bang Theory è una serie televisiva esilarante che ha debuttato nel 2007 ed è ancora in esecuzione. Ha vinto diversi premi dal suo inizio. Jim Parsons, che interpreta il testardo e incredibilmente intelligente Sheldon Cooper, ha anche vinto numerosi premi nel corso degli anni.


Sheldon Cooper, personaggio di The Big Bang Theory

Il personaggio Sheldon Cooper è noto per i suoi commenti off-the-wall e citazioni esilaranti.

 

A venerdì con il prossimo episodio della rubrica del venerdì!


giovedì 6 giugno 2019

Le parti di cui è composto lo spettrometro a raggi X

I tubi a raggi X - Il tubo generalmente usato per la maggior parte delle analisi è quello a Sc- Mo (Scandio- Molibdeno). Esso è cioè costituito da due anticatodi: uno formato da un elemento relativamente leggero (Sc: n.a. 21), l’altro da un elemento pesante (Mo: n.a. 42). Il motivo di questa scelta può essere facilmente compreso se si considera il meccanismo della fluorescenza: quando un raggio X primario con una certa energia colpisce il campione ionizza i suoi atomi e questi emettono raggi X secondari di fluorescenza. Affinché si abbia la ionizzazione è però necessario che l’energia del raggio in ingresso sia quanto meno simile all’energia di ionizzazione caratteristica di ogni livello energetico dei diversi atomi: se infatti l’energia del raggio X primario è troppo bassa non riuscirà ad allontanare l’elettrone dall’atomo. Viceversa, se è troppo più alta il raggio non interagisce con gli elettroni ed esce intatto. Per ionizzare ogni elemento chimico sarebbe quindi necessario avere una radiazione primaria con una ben determinata energia, il che richiederebbe l’utilizzo di moltissimi tubi a raggi X. Si comprende come questo sarebbe enormemente dispendioso sia in termini di costi che di tempi. Per questa ragione si utilizzano tubi a doppio anodo: la radiazione proveniente dall’anticatodo di scandio è adatta per eccitare gli atomi degli elementi leggeri; l’anticatodo di Mo emette invece una radiazione più energetica, più adatta quindi per eccitare gli elementi pesanti. In questo modo con un unico tubo si riescono ad analizzare quasi tutti gli elementi. In realtà il tubo a Sc- Mo può dare problemi con alcuni particolari elementi. Questo è legato al fatto che numerosi raggi emessi dal tubo (sia dallo Sc che dal Mo) raggiungono il rilevatore: nello spettro ci saranno pertanto anche i picchi di questi due elementi, che saranno particolarmente ampi. Questo fa sì che i picchi dei due elementi possano mascherare i picchi di elementi con lunghezza d’onda vicina (e quindi diffratti per angoli simili.

Tubo a raggi x

I cristalli analizzatori - Dall’equazione di Bragg (2d sen θ = nλ) si vede che d è direttamente proporzionale a λ. La λ della radiazione emessa dagli atomi più leggeri (meno energetica) è maggiore di quella emessa dagli atomi più pesanti. E’ pertanto opportuno scegliere cristalli analizzatori che abbiano una distanza reticolare proporzionale alle lunghezze d’onda da “analizzare”. Nella pratica vengono utilizzati 4 cristalli con d diversi:
- il fluoruro di Litio LiF200;
- il LiF220;
- il PE (pentaedride, un composto organico)
- il TIAP.
Si tratta in ogni caso di cristalli sintetici il cui d è noto perfettamente ed è crescente dal LiF200 al TIAP. Pertanto si preferirà utilizzare il LiF200 per gli elementi più pesanti, gli altri cristalli per gli
elementi più leggeri. Per cambiare il cristallo non è necessario interrompere l’analisi e cambiarlo manualmente: basta preimpostare prima dell’analisi l’ordine e i tempi di utilizzo dei vari cristalli in funzione dell’ordine degli elementi da analizzare.

Collimatori - I raggi X primari vengono emessi in tutte le direzioni. Tuttavia, è importante che essi giungano sul campione seguendo un cammino rettilineo e tutti paralleli tra di loro. I collimatori primari non sono altro che
una fitta serie di lamelle che servono a eliminare i raggi che deviano dal cammino rettilineo. Un secondo collimatore (collimatore secondario) viene utilizzato allo stesso scopo per indirizzare i raggi in uscita dal cristallo analizzatore sul rivelatore. Naturalmente più le lamelle del collimatore sono fitte migliore sarà la sua azione. Tuttavia, un maggiore numero di lamelle significa anche una maggiore quantità di raggi eliminati, il che può essere un problema per gli elementi presenti in scarse quantità o per quelli leggeri. Per questa ragione si usano due tipi diversi di collimatore: “coarse”, ossia con alta distanza tra le lamelle (2000 lamelle in 2 cm) e “fine” (4000 lamelle in 2 cm). Il primo viene utilizzato per gli elementi in traccia o per gli elementi leggeri, il secondo per gli elementi maggiori o pesanti.

Rilevatori - Il rilevatore deve trasformare i fotoni X in arrivo in un segnale misurabile; questa trasformazione deve naturalmente essere proporzionale, ossia ci deve essere sempre la stessa relazione tra numero di raggi in arrivo e segnale in uscita. Negli strumenti più comuni si utilizzano due tipi di rilevatori: quello a flusso di gas e quello a scintillazione.

Rilevatore a flusso di gas - Consiste in un tubo catodico con un anodo rappresentato da un sottile filo di Tungsteno che passa al centro del tubo. Tra il filo e il tubo viene applicata una differenza di potenziale ΔV. Il tubo ha in alto una finestra di Mylar, (un materiale trasparente ai raggi X) da cui entrano i raggi provenienti dal cristallo. Un’altra finestra di berillio consente l’uscita dei raggi X in modo tale che non venga prodotta radiazione secondaria da parte del rilevatore stesso. Nel tubo viene fatta scorrere una miscela costituita dal 90% di Argon e dal 10% di metano.

I raggi X provenienti dal cristallo entrano nel tubo e ionizzano le particelle di Argon, formando una coppia: e- e Ar+. All’interno del tubo viene applicata una differenza di potenziale, cosicché gli elettroni vengono accelerati verso il filo di tungsteno. Nel loro moto verso il filo gli elettroni ionizzano altri atomi di Ar producendo così un numero sempre maggiore di elettroni (effetto valanga. L’effetto valanga fa sì che il segnale iniziale venga amplificato.
Gli elettroni che ricadono sul filo elettrico inducono nello stesso una differenza di potenziale momentanea che causa un impulso elettrico la cui intensità può essere misurata. In realtà la corrente che si genera è così bassa che prima di essere misurata è necessario amplificare il segnale. Con questo sistema i fotoni X in ingresso sono stati trasformati in impulsi elettrici che possono essere letti. La trasformazione naturalmente è proporzionale: maggiore è il numero dei raggi in ingresso maggiore sarà il numero di elettroni prodotto, quindi maggiore sarà l’impulso elettrico misurato. Mentre gli elettroni sono accelerati verso il filo elettrico (anodo) gli ioni Ar+ sono accelerati verso
le pareti del tubo (catodo). Il metano nella miscela serve ad evitare che gli ioni la colpiscano generando effetti di moltiplicazione che andrebbero ad alterare i dati dell’analisi. Il metano cioè cede un elettrone all’Ar+ che si ritrasforma in Ar. Il processo di neutralizzazione degli ioni Ar+ da parte del metano è molto più lenta dell’arrivo degli elettroni sul filo. Finché il processo di neutralizzazione non è completo non ci può essere un’ulteriore ionizzazione da parte dei raggi X in ingresso. Esiste pertanto un tempo morto durante il quale i raggi X in arrivo non vengono rilevati dal detector. Questo provoca una sottostima degli impulsi che sarà tanto maggiore quanto maggiore è il tempo morto. Il tempo morto è una caratteristica nota di ogni detector; è quindi possibile apportare le opportune correzioni ai valori misurati tenendo conto di questo fattore. Queste correzioni vengono in genere fatte automaticamente dallo strumento.

Rilevatore a Scintillazione - I raggi X che entrano nel contatore incidono su un cristallo di Ioduro di Sodio (NaI) drogato con Tallio (Tl). Il Tl è un metallo di transizione e come tale può avere più stati di valenza; quando è colpito dai raggi X incidenti passa al suo stato di valenza più alto accumulando energia. Quando poi torna nel suo stato “normale” cede l’energia accumulata sotto forma di radiazione UV: la sostanza si comporta cioè come un fosforo. Dietro il cristallo è posto un fotocatodo che trasforma la radiazione UV in elettroni. L’efficienza di questo sistema è molto bassa, tanto che il segnale deve essere amplificato più volte tramite una serie di dinodi prima di essere scaricato sul circuito elettrico.
In entrambi i tipi di contatore, dunque, un fotone di alta energia (raggi X) viene trasformato, in maniera proporzionale, in un impulso elettrico la cui intensità può essere misurata. La differenza tra i due rilevatori sta soprattutto nell’efficienza: il contatore a flusso di gas ha un’efficienza maggiore di 3 o 4 volte rispetto quello a scintillazione. Di conseguenza si preferisce utilizzare il contatore a flusso di gas per radiazioni X di bassa energia (ossia corrispondente a elementi leggeri):
infatti esponendolo a radiazioni troppo energetiche si può rischiare di farlo andare in saturazione. Per queste ultime è quindi preferibile utilizzare il contatore a scintillazione. Si consideri anche che quest’ultimo ha il vantaggio di presentare tempi morti molto più bassi che nel caso precedente.

L’analisi quantitativa - Qualunque sia il tipo di rilevatore utilizzato quello che essi misurano non è direttamente la concentrazione dell’elemento ma degli impulsi elettrici la cui intensità sarà proporzionale alla percentuale dell’elemento che l’ha prodotta. Avremo cioè che la concentrazione di ogni elemento sarà pari all’intensità misurata moltiplicata per un fattore di proporzionalità k. Per trasformare le intensità in concentrazioni degli elementi corrispondenti, ossia per determinare il valore di k, è necessario fare uso degli standard, ossia di sostanze la cui composizione in termini di concentrazioni dei vari elementi è perfettamente nota. Misurando nei diversi standard l’intensità dell’impulso elettrico prodotto da un determinato elemento di cui si conosce la concentrazione si possono costruire le rette di taratura per i vari elementi.

Curva di calibrazione

Tramite queste rette, una volta misurata l’intensità dei picchi nel campione si può risalire alla concentrazione dell’elemento corrispondente. Gli standard servono anche ad eliminare una delle fonti di errore di questo metodo analitico, ossia l’effetto matrice.