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lunedì 7 settembre 2020

Controllo dei movimenti profondi (Parte 2)

 Dopo la breve introduzione sul controllo dei movimenti profondi, vediamo brevemente come funziona un sistema inclinometrico. Per poter installare un inclinometro bisogna effettuare una perforazione, come quella che può essere destinata ad un carotaggio. Un sistema inclinometrico si compone di un tubo in alluminio o PVC, cementato all'interno del foro, da una sonda e da uno strumento registratore. La logica che vi è dietro prevede la misurazione della deviazione rispetto alla verticale del tubo inserito precedentemente calando la sonda in corrispondenza di una scanalatura. Le sonde moderne consentono la misura delle deflessioni angolari del tubo in due direzioni ortogonali tra loro. Fondamentale è che il tubo inclinometrico sia installato ad una profondità maggiore di quella della superficie di rottura.


IMG1-AIS-Focus-01-31lug2015-evidenza
http://www.irpi.cnr.it/focus/ais/

La sonda viene calata fino in profondità e si procede con un certo passo di campionamento generalmente di un metro. La prima lettura, quando la sonda tocca il fondo, sarà quella di taratura, definita misura zero. Questa misura è completamente indipendente dall'inclinazione iniziale del tubo. Le misure successive si faranno secondo determinati intervalli di tempo. Queste daranno indicazioni sull'entità dello spostamento e sulla componente orizzontale della direzione del movimento. Lo spostamento in testa, o totale, si calcola come gli spostamenti risultanti dopo ogni misura, dati dal cateto minore appartenente al triangolo rettangolo descritto ogni volta che viene effettuata una misura. I risultati ottenuti sono diagrammabili e i grafici che si ottengono sono correlabili ai valori di RQD: in questo modo si evince che generalmente quando l'ammasso è integro, ossia quando i valori di RQD sono elevati, non si osservano spostamenti sui grafici delle prove inclinometriche.

mercoledì 2 settembre 2020

Controllo dei movimenti superficiali (Parte 1)

 I controlli dei movimenti superficiali servono a:

  • definire la forma e il grado di estensione dell'area soggetta a frana;
  • definire il cinematismo del dissesto;
  • seguire l'evoluzione dei movimenti nel tempo;
  • correlare i movimenti alle possibili cause.
Per fare questo tipo di controlli esistono diverse metodologie. Una può essere il metodo topografico-geodetico. Esso si basa su una rete di misure. Si posizionano dei prismi sul corpo di frana e delle stazioni di misura, chiamate capisaldi, nell'area circostante. I capisaldi emettono dei raggi laser verso i prismi. Il tempo impiegato a rifletterli consente di valutare le distanze tra i capisaldi e i prismi e gli angoli di incidenza. Con questi è possibile realizzare delle mappe contenenti dei vettori indicatori dello spostamento, della direzione del movimento e, mediante i segni più o meno, consente l'individuazione di aree soggette a sollevamento o abbassamento.

https://sites.google.com/site/cfddpproject/geodetica

Per il monitoraggio dell'apertura di una fessura di piccole dimensioni si utilizzano gli estensimetri. Vengono posizionati a cavallo della fessura. Tra questi viene posto un elemento rigido chiamato trasduttore. Il trasduttore ha il solo scopo di valutare il tasso di spostamento perpendicolare alla fessura, quindi non danno indicazioni sulla direzione del movimento. La centralina dello strumento registra in remoto e può essere soggetta agli agenti atmosferici. L'estensimetro è un particolare tipo di sensore utilizzato per rilevare le deformazioni fisiche di un corpo sottoposto a sollecitazioni meccaniche ed è in grado di convertire un segnale corrispondente alla deformazione lineare in un segnale elettrico, acustico, ottico. Misura gli spostamenti relativi tra due punti generici di una superficie di un corpo sottoposto a carichi statici o dinamici. La direzione della misura è data dalla congiungente dei due punti alle estremità dell'estensimetro. La distanza tra quei due punti è comunemente denominata base.


http://static.gest.unipd.it/~marinoq/CM/estensimetria.pdf

Per poter monitorare fenomeni di scala maggiore si utilizzano i distometri, strumenti molto simili agli estensimetri costituiti da due ancoraggi meccanici installati alle estremità opposte della discontinuità e collegati tra loro per mezzo di un filo o di un nastro inestensibile.


http://www.camilab.unical.it/documents/31627/72149/1.Strumenti+per+il+monitoraggio+in+orbita+geotecnico.pdf/15a0bc81-630c-4408-a586-e259a75d2747?version=1.0

Altri strumenti impiegati sono le spie, in gergo vetrini, o i fessurimetri. Questi vengono solidarizzati alle strutture tramite resine o cemento e hanno lo stesso principio di funzionamento di un estensimetro. Se vi è attività, i vetrini arrivano a rottura, ma non danno informazioni sull'entità dello spostamento.

Esistono anche altri metodi di monitoraggio dei movimenti superficiali, tuttavia per non appesantire la trattazione, ne parlerò nell'articolo successivo.