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martedì 18 giugno 2019

Nucleare e ambiente: due parole che non vanno molto d'accordo

Come al solito, farò una breve introduzione al post. In questo caso, vorrei farlo spiegandovi cosa sono i rifiuti radioattivi.

Si definisce rifiuto radioattivo ogni materiale derivante dall'utilizzo pacifico dell'energia nucleare contenente isotopi radioattivi di cui non è previsto il riutilizzo. Lo scarto di combustibile nucleare esausto derivante dalla fissione nucleare nel nocciolo o nucleo del reattore nucleare a fissione rappresenta la forma più conosciuta di rifiuto radioattivo, oltre che una delle più difficili da gestire in virtù della sua lunga permanenza nell'ambiente; ma anche altre attività umane portano alla produzione di questo tipo di rifiuti (es. applicazioni mediche, di ricerca, industriali...).
Durante il funzionamento del reattore, gli atomi del "combustibile" vengono progressivamente scissi tramite il processo a catena di fissione nucleare: il materiale viene man mano trasformato in altri elementi e/o isotopi e in questo modo rilasciano energia termica. Questa viene "asportata" dal reattore e utilizzata da una macchina termica per azionare meccanicamente una turbina accoppiata ad un alternatore. È in questo modo che si produce elettricità nelle centrali elettronucleari.


I prodotti di scarto di questi procedimenti hanno un pauroso impatto ambientale.
Il nuovo inventario dei rifiuti radioattivi rende evidente l'urgenza di un unico deposito nazionale definitivo per i rifiuti ad attività bassa e media e di uno temporaneo per quelli ad alta attività
Recita Le Scienze, in uno dei suoi recenti articoli. Cosa significa?




La prima cosa che salta all'occhio sfogliando il nuovo inventario nazionale dei rifiuti radioattivi, aggiornato al 31 dicembre 2017, è che, con l'avvio nello scorso agosto dell'Isin, è morto il Centro nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. Questo era nato dalla chiusura del Dipartimento nucleare dell'ISPRA. IN seguito a questo decesso di istituzioni, le funzioni le competenze e il personale sono stati ceduti all'Isin. Il problema che sorge, però, non è tanto questo, quanto i dati raccolti dall'inventario di anno in anno dal 2000.

Il più dei rifiuti radioattivi che vengono generati in Italia ai nostri giorni proviene sia dagli ospedali sia dalle industrie. Si tratta di circa 200 metri cubi all'anno Questi includono anche oggetti e materiali che, in un modo o nell'altro, sono stati a contatto con sostanze radioattive. Un sempio possono essere le siringhe o i guanti di gomma utilizzati dagli infermieri. Inoltre, non bisogna dimenticare che la radiodiagnostica usa isotopi a vita media molto breve che, quindi, dopo pochi giorni, sono considerati già rifiuti pericolosi.

Siringa, uno dei potenziali oggetti che può stare a contatto con sorgenti radioattive e risultare dunque pericoloso

Un'altra porzione deriva dalla bonifica di siti industriali contaminati accidentalmente, a seguito di incidenti di fusione di sorgenti radioattive. In genere sono scorie di fusione o polveri, ceneri o addirittura camini contaminati. In alcuni casi, poiché non ci si è accorti in tempo della presenza di radioattività, alcuni di quei rifiuti sono stati smaltiti in discariche classiche e ciò ha portato ad una contaminazione radioattiva. Fortunatamente, oggi le industrie sono dotate di portali che scansionano tutto ciò che entra ed esce, proprio per evitare incidenti simili rilevando le potenziali sorgenti attive.

Scoria di fusione a forma di meteorite

Quello che si deve fare entro il 2025 è far rientrare in Italia tutti i rifiuti radioattivi. Per far ciò, è necessario che lo stato abbia una sorta di dispensa costruita ad hoc per questo. In futuro, si spera nello smaltimento in un deposito geologico multinazionale. Secondo il direttore dell'Ispettorato, l'Italia ha bisogno prima di un deposito superficiale che consenta lo smaltimento definitivo dei rifiuti a bassa e media attività e uno che conservi quell ad alta attività, invece di uno geologico come quello presente ad Onkalo.
Un impianto simile è realizzabile da molto tempo, infatti altri stati europei si sono già rimboccati le maniche per mettersi all'opera. Nel nostro paese, invece, è dagli anni ottanta che si parla di costruire un deposito centralizzato, ma essendo un processo, non si è mai proceduti alla realizzazione. Questo rappresenterebbe la soluzione idonea allo smaltimento, sicurament'e migliore della collocazione in più siti dei rifiuti come era stato fatto a suo tempo e come ancora oggi sono conservati.

Smaltimento dei rifiuti speciali a Brescia


La procedura di individuazione delle aree idonee a ospitare il deposito nazionale si è conclusa nel 2015, anche se la carta nazionale non è mai stata pubblicata. Comunque sono in corso approfondimenti sulle caratteristiche sismiche dei siti papabili. La Sogin stilerà la nuova lista.

La speranza è che non condivida la stessa sorte della precedente.

2 commenti:

  1. Verox, i rifiuti radioattivi provenienti da ospedali e industria non hanno niente a che vedere col combustibile esausto delle centrali nucleari. I prodotti di scarto della fissione nucleare possono a loro volta essere riutilizzati per produrre altra energia. A meno di non ridurre drasticamente il consumo globale di energia, non vedo altra via se non quella nucleare per sostituire i combustibili fossili.

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    1. Per dare una visione più ampia della problematica, ho parlato non solo della componente di scorie dei rifiuti speciali, ma anche degli strumenti che diventano rifiuti speciali in seguito al contatto con gli altri. Per quanto riguarda l'impiego del nucleare al posto dei combustibili fossili, sono pienamente d'accordo con te!

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